I danni del “metodo grillino”

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Quanti danni ha fatto Grillo! Il dibattito sulle intercettazioni telefoniche che in questi giorni sta animando la scena pubblica ha riesumato un certo giustizialismo forcaiolo che credevamo di aver consegnato agli archivi della storia. Purtroppo non è così, ma il tema di fondo non è nemmeno questo.

Populismo come espressione di analfabetismo funzionale

Invero esiste un problema più radicato che si sostanzia in un populismo d’accatto che con il metodo portato alla ribalta dal Movimento Cinque Stelle è divenuto stella polare di un nuovo modo di fare cultura (sic!), politica e informazione.

Spiace dirlo ma ci si trova di fronte alla nuova frontiera dell’analfabetismo funzionale.

E uso questa espressione con una certa cognizione di causa. Questo perché, a giudicare dalle prese di posizione dei relativi esponenti non si può che allargare lo spettro dell’analisi alla “forma mentis” di cui questi (esponenti) sono espressione pubblica.

Tale forma mentis è caratterizzata da una capacità di semplificazione del reale, applicata ogni campo della politica che, se non fosse grave, farebbe quasi tenerezza.

Poche e maldestre categorie per i nuovi esperti

Le categorie mentali entro cui i populisti grillini (eletti e sovente elettori) riconducono la complessità, sono davvero poche e stantie.

Il politico è ladro (e varie aggravanti a seconda di quale reato fa più presa); la stampa è asservita al potere; i magistrati sono tutti buoni; la destra è fascista mentre la sinistra è salvatrice della Patria.

A naso, crediamo di aver esaurito il campo delle opzioni dei populisti a cinque stelle.

Ebbene, tutti i temi, dalla giustizia, alla politica estera, dall’emergenza ambientale alla lotta alla mafia, sono semplicisticamente posti in questi temi dove vige la ferrea regola del “o con me o contro di me”. Il campo si divide nettamente, ciascuno ha i propri eroi, i propri “ipse dixit” e definisce delle realtà inconciliabili e irriducibili. È la morte del confronto democratico e la nascita della tifoseria.

Salvo poi cambiare idea su tutto, nel silenzio supino generale tanto ormai in questa forma fluida di cultura ormai  si accetta tutto purchè abbia un packaging confortevole.

C’è quasi da invidiare la apodittica concezione delle cose di costoro che procedono di slogan in slogan, senza mai che dubbio li turbi. E, quando vengono sistematicamente sbugiardati con dati alla mano, si rifugiano o nell’insulto, o nella presunta equiparazione tra i dati di realtà e le mere opinioni.

“Questa è la tua idea che vale tanto quanto la mia”. Questo sostanzialmente usano dire, del tutto indifferenti che una delle due idee è fondata su competenza studio e analisi, l’altra sul chiacchiericcio dell’uomo della strada formato rigorosamente sui social o sulla piattaforma Rosseau.

Elogio dell’incompetenza

C’è un che di allibente nel vedere come la competenza e la serietà siano ricondotte a mera opinione di pari legittimità con ogni teoria da bar elaborata sulla base di specifici bias cognitivi.

Ecco il populista grillino medio è un po’ l’erede della non proprio prestigiosa tradizione della discussione da bar del Lunedì mattina dove tutti sono allenatori di calcio che commentano la domenica sportiva.

Il problema, al di fuori di ogni battuta fin troppo scontato (mi si perdonerà!), è che questo metodo di approccio alla realtà ormai è allignato in ogni dove, trova espressioni pubbliche, finanche istituzionali, trovando campo peraltro in una sinistra sempre più priva di idee che sta rinunciando alla propria intellighentia per correre dietro a ogni sirena populista in grado di mostrare la maschera di una qualche identità.

Il portato (a)culturale di questo modo di affrontare la complessità (ben espresso dalla formula “uno vale uno”) è l’anticamera della disfatta culturale di uno Stato che si dovrebbe fondare invece sull’eguaglianza di tutti e al contempo sulla decisione di chi è competente, sul rispetto di una autorità che non deriva da una inaccettabile imposizione ma dal rispetto per la sapienza per il duro lavoro svolto, per i sacrifici fatti da “chi sa”.

I danni del metodo grillino degli esperti improvvisati

Ma poiché la sapienza implica studio, analisi, dubbio e approfondimento, essa viene tagliata fuori: resa in bignami molto semplici e a tutti accessibili, di talché con una semplice infarinatura su wikipedia o su canali appositamente creati per veicolare sempre gli stessi insulsi messaggi, ciascuno può sentirsi all’occorrenza, giurista, virologo, esperto di politica internazionale e quant’altro.

Un menù “a la carte” di competenze pronte ad essere mostrate a seconda della necessità. Su questo il Movimento Cinque Stelle ha costruito la sua fortuna politica ed è per questo che costoro e chi li sostiene ormai non sono più un partito politico, ma una categoria della mente, un metodo antropologico tanto pericoloso quanto diffuso e ormai uscito fuori dal recinto del proprio creatore per attecchire in altri partiti e in ogni settore della società e della vita pubblica.

 

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