I carrarmati del lavoro sotto l’Arco di Brandeburgo

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I carrarmati del lavoro sotto l’Arco di Brandeburgo

I trattori di Francia, Germania, Polonia, Romania, Belgio, Spagna,Grecia e Italia si sono schierati contro le politiche verdi dell’UE.

C’è una disapprovazione diffusa e unanime per le scelte dell’Unione Europea riguardo alla transizione verde

Sia per i singoli provvedimenti (pesticidi etc), sia in termini strategici.
Il fatto che un popolo con un tasso civico molto alto come il tedesco porti i carrarmati del lavoro fin sotto l’arco di Brandeburgo fa riflettere sulla serietà delle azioni in atto.

Una tv di provata fede europeista ha definito ‘dissennate’ le vie intraprese dall’UE.

Meglio forse passare per sprovveduti che per distruttori consapevoli

Il nocciolo dell’affaire emerge con la constatazione che la vicenda non si è risolta risolta con la rinunzia dell’UE alle norme antipesticide nè,in Italia, con i contributi un po’ farlocchi annunciati dal premier.

Il perchè l’ha spiegato con semplicità un giovane agricoltore .

Ha detto in tv che non si tratta nè di politiche ambientali, nè di singoli provvedimenti e sussidi.

Essi in realtà rappresentano semplici strumenti per raggiungere il vero obbiettivo di ‘ distruggere il nostro lavoro e consegnare tutto ai grandi gruppi’.

C’è chi tenta di spiegare come le ‘democrazie mature’ abbiano difficoltà a muoversi nel groviglio di interessi da tutelare e che porli in gerarchia è davvero difficile.Da qui gli errori dell’UE.

Circonlocuzione per aggirare la realtà delle cose : le ‘democrazie mature’divengono ben presto postdemocrazia dove il potere d’influenza e di decisione si fondono nel personale funzionariale pseudopolitico che ha occupato l’UE e assume direttive eseguite dalle classi politiche nazionali.

Che esista un problema climatico e ambientale è un dato acquisito

Come è acquisita la necessità che i governanti dei 7miliardi e mezzo di terrestri prendano provvedimenti efficaci.
È altrettanto pacifico che i 400 milioni di europei debbano comportarsi nel miglior modo possibile.

Ma compatibilmente con la valutazione di efficacia e il bilanciamento con le controindicazioni.

In Italia ci sono circa 1m e 100.000 aziende agricole che danno lavoro a 3milioni e mezzo di persone.

Per cibo il paese non è autosufficiente. Si stima che lo sarebbe se fossero messe a produzione le terre coltivabili e non utilizzate( 1/4 circa del totale). Mission che dovrebbe essere obbligatoria per un ministero che si chiama ‘della sovranità alimentare’.

L’UE vorrebbe invece obbligare anche i contadini italiani ‘a mettere a riposo’ parte delle terre coltivate.Togliendo reddito e posti di lavoro.

Esiste già una naturale moría di aziende agricole che seguono il ciclo naturale dell’economia . In 15 anni si sono dimezzate,operando però accorpamenti ragionevoli,cosicchè oggi la media superficie di un’azienda agricola italiana è di circa 11 ettari ,il 100% in più che in passato.

Per vivere queste aziende che producono beni essenziali e indispensabili sia alla sussistenza pura e semplice , sia al buon nome del paese nel mondo ,al made in Italy ,alle industrie di trasformazione e financo al turismo,necessitano di un campo d’azione sgombro da intoppi, che riduca tempi e costi di produzione. Invece la burocrazia e le incombenze nazionali e comunitarie asfissiano le attività.

Hanno bisogno di costi sostenibili, energetici, per i carburanti, per i concimi. Non certo di bonus una tantum e di somme pPnrr, dal sapore di sussidio.

Hanno bisogno di uno Stato che non li aggravi.Che li lasci lavorare.

Qui avviene purtroppo la scissione fra la narrazione meloniana ( sto con gli agricoltori) e la realtà ( contribuisco al progetto di annientamento).
Sottoposti alle regole Giorgetti/ Draghi/ UE , bollette, carburanti ,concimi etc sono alle stelle.

A esso si aggiungevano aggravi per i pesticidi e per l’abbandono della coltivazione di altre terre.

E è scoppiata la protesta, contro tutti : UE ,Governo,Opposizioni ,Coldiretti comaiderata ‘remissiva’.

La postdemocrazia funziona se i cittadni si assentano, va in crisi con quelli che partecipano

Essendo occluse le vie democratiche di rappresentanza politica e di categoria insorge la protesta generale atomizzata in mille raggruppamenti.Ma a fine comune.

Su un trattore era scritto : ‘Questa non è una protesta è una ribellione’.
La scienza della politica insegna che dalla ribellione si passa alla rivolta e poi alla rivoluzione.

Diversa nelle forme da quella che la storia ci ha tramandato .

Come diversa è la guerra mondiale in atto.

Leggi anche: https://www.adhocnews.it/sistema-ferragni…no-il-borsell

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