Gli insulti sessisti alla Meloni, un brutto esempio dei militanti della CGIL

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Gli insulti sessisti alla Meloni, un brutto esempio dei militanti della CGIL

Mentre in queste ore l’attivista iraniana, che lotta per i diritti delle donne in Iran, Norges Mohammadi, viene insignita del premio Nobel per la Pace, ben due casi in Italia di sessismo stanno facendo emergere come anche nel nostro Paese i problemi legati alla parità di genere sia ben lontano da raggiungere.

Il primo è collegato a Cateno De Luca, sindaco di Taormina, uomo quantomeno verace e dal carattere ruvido, che ha verbalmente aggredito la senatrice Musilino, rea di essere passata dal suo partito a Italia Viva. Parla senza mezzi termini di “un sistema politico di merda fatto di sculettatori e sculettatrici”, chiaro riferimento alle donne che militano nel partito di Renzi Ovviamente sono partite le querele.

Hanno fatto ben più scalpore, ma sempre e comunque avvilenti, i cori dei partecipanti alla manifestazione della CGIL di ieri. Armati di megafoni, maglie rosse e bandiere al collo, i militanti hanno ben pensato di esprimersi in evidenti insulti sessisti verso il Presidente del Consiglio. Non si parla nei loro sproloqui di politiche di destra, nè viene cantata l’onnipresente “Bella ciao”; non vengono innalzati cartelli sulla necessità di imponenti interventi nel lavoro e salario minimo, o nella modifica del fisco; neanche si accenna al governo formato da eventuali “ladri”. NO! Il loro grido politico è “Meloni putt…ana”. Che con le politiche sociali e del lavoro della CGIL sinceramente non c’entra molto.

Un dato è certo. Dal popolo della CGIL, da sempre vicino a una sinistra che delle battaglie politiche a favore delle donne ne ha fatto il suo orgoglio per quasi 50 anni , proprio non ci si aspetta un simile comportamento. E’ pur vero che non esiste la sinistra di una volta, ma così è veramente il capovolgimento degli ideali politici come li abbiamo sempre raffigurati. E forse da qui riusciamo a comprendere come la sinistra sia costantemente perdendo a tutte le tornate elettorali da più di dieci anni.

Meloni chiede giustamente una spiegazione. Non tanto perché non accetta il dissenso, ma per come il dissenso di piazza sia stato portato avanti sulla sua persona e non sul lavoro svolto dall’esecutivo.

Landini non ha potuto fare a meno di esprimere parole di condanna verso l’accaduto, specificando che non fanno parte “della cultura e della pratica dell’organizzazione che dirigo”.

Nessuna parola fino ad oggi sull’accaduto invece sono state emesse dalle altre due donne presente alla manifestazione di piazza San Giovanni, Elly Schlein e Laura Boldrini, che pure risultano sempre protagoniste quando si tratta di diritti delle donne. Eppure da loro due un cenno di dissenso doveva essere espresso, quantomeno in nome della solidarietà femminile.

Non esiste qui né essere di destra né di sinistra. Esiste solo il rispetto di tutte le donne picchiate, umiliate, come Mahsa Amini e Armita Gerevand straziate dalla polizia morale in Iran e messe in carcere come il Premio Nobel Norges Mohammadi. Donne che sono state uccise da uomini violenti , tante donne, troppe anche in Italia. Una strada lastricata da una miriade di scarpe rosse che “urlano” il diritto al rispetto di genere e alla dignità umana. Per questo è necessario condannare senza sè e senza ma qualsiasi evento che dia anche una minima origine ad ogni forma di violenza sulle donne.

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