Giorgia Meloni oggi in Parlamento: “Un tempo era la sinistra a farsi portatrice delle classi più deboli, ormai i ruoli sembrano essersi ribaltati”.
Nel suo intervento in Parlamento, Giorgia Meloni ha voluto marcare con forza la distanza tra il proprio esecutivo e i precedenti governi, non solo sul piano economico, ma anche su quello politico e culturale.
Con tono diretto e senza rinunciare a punte di ironia, il Presidente del Consiglio ha tracciato un bilancio questi anni di governo, rivendicando risultati concreti e ribaltando alcune narrazioni consolidate
Al centro del suo discorso la questione sociale. Ha rammentato come, negli anni passati, le pensioni fossero aumentate “di pochi euro”, mentre con due leggi di bilancio del suo governo l’incremento delle pensioni minime è stato di circa 90 euro.
Da qui la battuta destinata a restare impressa: “Un tempo era la sinistra a farsi portatrice delle classi più deboli, ormai i ruoli sembrano essersi ribaltati”.
Una frase che sintetizza la volontà di Meloni di presentarsi come interprete di un nuovo protagonismo popolare, in contrapposizione a un centrosinistra descritto come distante dalle fasce più fragili dedito solo a politiche green, sottolineando che è inutile non inquinare solo in europa quando si continua ad inquinare nel resto del mondo.
Sul fronte internazionale, la premier ha affrontato con decisione il tema del conflitto in Medio Oriente
Rivolgendosi a Nicola Fratoianni, ha sottolineato come la sinistra oggi elogi la proposta di pace sostenuta da Donald Trump per Gaza, dimenticando che quando quell’intesa era sul tavolo la stessa area politica la contestava apertamente, arrivando persino a criticare Hamas per averla accettata. Un passaggio che Meloni ha utilizzato per evidenziare, a suo dire, l’incoerenza di un certo pacifismo di facciata.
Non sono mancati i riferimenti al tema ambientale
La presidente del Consiglio ha riconosciuto la necessità della decarbonizzazione, ma ha ribadito che questa deve essere perseguita con pragmatismo e realismo, non per “fini ideologici”. Ha avvertito che una transizione energetica mal calibrata rischia di trasformarsi in un vantaggio competitivo per i paesi extraeuropei, condannando l’Europa a una progressiva deindustrializzazione.
Meloni ha poi voluto riconoscere il ruolo di chi, come Azione, ha mantenuto una linea coerente di sostegno all’Ucraina “non da oggi ma da sempre”
Un riconoscimento non scontato, volto a mostrare come su alcune questioni di politica estera il governo cerchi convergenze trasversali.
Nel capitolo dedicato alla crisi di Gaza, la premier ha respinto le accuse di inattività rivolte al suo governo, ricordando che l’Italia è stato il paese che ha inviato più aiuti umanitari: circa 2.200 tonnellate. Un impegno che, ha detto, “dovrebbe rendere orgogliosi tutti, perché non è il merito del governo, ma dell’Italia e degli italiani, delle loro forze armate e delle loro risorse”.
Sul fronte interno, Meloni ha stigmatizzato le polemiche sorte dopo l’attentato al giornalista Sigfrido Ranucci, accusando una parte della sinistra di sfruttare l’occasione per delegittimare il governo e descrivere il Paese come privo di libertà di stampa
Un atteggiamento che, secondo la premier, “non serve alla democrazia, ma solo a gettare discredito sull’Italia e a danneggiarne l’immagine internazionale”.
Infine, sul piano economico, Meloni ha ribadito la consapevolezza che “non si possono fare miracoli”, ma ha rivendicato una direzione chiara: migliorare i fondamentali per poter ridurre le tasse.
Tra i punti qualificanti della manovra ha citato la detassazione degli aumenti derivanti dai rinnovi contrattuali, misura che – secondo la premier – contribuirà a ridurre il cuneo fiscale e a rilanciare la contrattazione sindacale
Non senza una stoccata finale: i sindacati, ha detto, “sembrano oggi più concentrati su temi extra nazionali che sui lavoratori italiani”.
Il discorso di Meloni si è così trasformato in un manifesto politico: orgoglio nazionale, pragmatismo economico e rivendicazione di un nuovo ruolo sociale per la destra di governo
Un racconto che punta a spiazzare l’avversario e a ridefinire, anche sul piano simbolico, i confini della rappresentanza popolare in Italia.
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