Giani nel bel mezzo dell’ identità smarrita della sinistra
Nel pieno della crisi tutta PD che non accenna a rientrare, a proposito della ri-canditura di Eugenio Giani, la sinistra, toscana e non, continua a interrogarsi su se stessa. La domanda che pesa come un macigno è una sola: che cosa vuol dire essere di sinistra oggi?
Un tempo era semplice. Bastava dire “giustizia sociale”, “uguaglianza”, “difesa del lavoro”. Oggi quelle parole sembrano svuotate, lontane dalla vita quotidiana delle persone. E dietro questa crisi lessicale c’è un problema più profondo: la sinistra si è persa tra due eredità che faticano a dialogare, da una parte la tradizione socialista, dall’altra la spinta liberale.
La sinistra storica, quella cresciuta nel Novecento tra sindacati, partiti di massa e welfare state, ha fatto dell’uguaglianza la sua bandiera. È anche grazie a quella stagione se oggi esistono la sanità pubblica, la scuola per tutti, i diritti dei lavoratori. Ma il mondo nel frattempo è cambiato. La globalizzazione ha eroso il potere degli Stati, il lavoro si è precarizzato, e le vecchie classi sociali non sono più riconoscibili.
Dall’altro lato c’è l’anima liberale, che negli ultimi decenni ha preso sempre più spazio a sinistra: diritti civili, libertà individuali, apertura al mercato e all’innovazione. Una svolta culturale che ha generato l’ effetto collaterale del distacco da ampie fasce popolari, che si sono sentite trascurate.
La verità è che la sinistra non ha ancora trovato una sintesi tra queste due direzioni. E la situazione di Giani ne è l’esempio più evidente. La sinistra quando guarda solo al passato rischia l’anacronismo; tuttavia quando rincorre il centro liberale, perde credibilità sociale. I tentativi di compromesso, gia’ avvenuti in passato come la Terza Via di Tony Blair o le versioni italiane di centrosinistra riformista, hanno funzionato solo a metà. Hanno modernizzato il linguaggio, ma spesso senza rispondere ai bisogni reali degli elettori.
La candidatura di Eugenio Giani tuttavia non è una sintesi adatta, non risulta elemento equilibratore fra le due anime. Al contrario. È l’emblema dello scardinamento delle due anime della sinistra italiana. Perché per arrivare alla sintesi serve un cambio di paradigma che consenta di unire idealismo e pragmatismo. Serve una sinistra capace di proteggere, ma anche di progettare.
In fondo, il punto non è scegliere tra socialismo e liberalismo, ma la sinistra italiana deve decidere da che parte stare, decidere quali progetti portare avanti, decidere sul proprio futuro. Poi, in seguito, presentare candidati all’elettorato.
Senza basi solide non si costruisce. E tutto diviene nebuloso. È questo ciò che sta avvenendo oggi in Toscana, con il caso “Eugenio Giani”.
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