Gaza, il dolore di un popolo e il silenzio di troppi: non si può restare indifferenti
Ci sono immagini che non si dimenticano. Bambini insanguinati portati via da sotto le macerie.
Madri che scavano con le mani per cercare i figli. Ospedali trasformati in obitori. Scuole ridotte in cumuli di pietre
Uomini, donne, famiglie intere, spazzate via nel giro di pochi minuti. Succede a Gaza, oggi, sotto gli occhi del mondo.
Eppure, il mondo tace. O peggio: si divide in schieramenti, dimenticando che prima della politica ci sono le persone, e prima degli slogan c’è il dovere di chiamare le cose con il loro nome.
Quello che sta accadendo in Palestina è una tragedia umana senza precedenti recenti. Oltre 35.000 morti, la metà dei quali bambini e donne. Ospedali distrutti, aiuti umanitari bloccati, interi quartieri cancellati
Non è più guerra: è annientamento. E non serve essere giuristi per sapere che quando la distruzione non distingue più tra combattente e civile, tra obiettivo militare e ospedale, ci troviamo davanti a un crimine contro l’umanità.
La Corte Internazionale di Giustizia ha aperto un procedimento per genocidio. E se anche fosse solo il sospetto — e non ancora la certezza giuridica — ciò che vediamo ogni giorno basta e avanza per pretendere verità, giustizia e cessazione immediata delle violenze
Ma mentre migliaia di vite si spengono nel silenzio, c’è chi qui da noi usa questa tragedia per fare propaganda politica. Alcune forze hanno trasformato il dolore palestinese in un pretesto per attaccare il Governo, per alzare il tono nei talk show, per sventolare bandiere con la comodità di chi non ha responsabilità.
Io, invece, odio e condanno ogni forma di strumentalizzazione
La sofferenza non è una bandiera da sventolare per convenienza. Non si usa il sangue di innocenti per raccogliere consenso. Non si sfruttano i crimini di guerra per strappare qualche titolo in più.
Chi governa ha il dovere di agire con serietà e responsabilità, nel rispetto dei protocolli internazionali e della collocazione geopolitica dell’Italia.
Ma anche chi sta all’opposizione ha il dovere morale di non cavalcare il dolore altrui per tornaconto politico, lanciando accuse o richieste prive di realismo e profondità.
Condannare Hamas e ogni forma di terrorismo è doveroso, così come è giusto denunciare, senza ambiguità, l’eccesso di forza e la sproporzione delle azioni militari israeliane
Ma ciò che serve oggi non è l’ennesima battaglia ideologica, bensì una voce ferma e unitaria a sostegno della pace, del diritto internazionale e della dignità umana.
Non è il tempo degli slogan, né dei silenzi comodi
È il tempo della responsabilità. È il tempo della verità. Gaza non è lontana: è la misura della nostra coscienza collettiva. E restare in silenzio, oggi, significa rinunciare a quella coscienza.
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