Esplosione a Cinque Stelle

Cinque stelle

Esplosione a Cinque Stelle. E’ in atto. Il movimento fondato da Beppe Grillo è sull’orlo della scissione. In verità sono anni che rischia di scindersi. Però stavolta il problema è acuito dalle non troppo lontane elezioni politiche.  Elezioni che mettono in fermento i tanti parlamentari in cerca di riconferma.

Anime diverse

Sicuramente alla base della crisi, c’è la difficile coabitazione tra diverse anime. Non aiuta la situazione internazionale.  Ma non è soltanto la guerra a dividere i grillini. Bisogna essere obiettivi ed ammettere che il problema è più profondo. Il Movimento Cinque Stelle non è un partito. O almeno non è nato come tale. Il movimentismo ha animato e portato consenso. I grandi successi, ciò che lo avevano portato ad essere la formazione politica più forte d’Italia, vengono da quello.  Dallo spirito di contestazione del palazzo.

Dopodiché i pentastellati al governo sono un’altra cosa. Sono diventati per molti aspetti attaccati al palazzo. O volgarmente attaccati alla poltrona. Ma sentono un forte distacco con il paese. Percepiscono l’allontanamento dall’elettorato. E ciò li sta agitando. Non sono mica nominati parlamentari a vita.

Sanno benissimo che dovranno passare dalle prossime elezioni. E lì ci sono le forche caudine ad attenderli.

La situazione interna al Movimento

Dobbiamo anche valutare un problema pratico. Questo spirito movimentista è ancora forte anche negli atteggiamenti di molti eletti. Molti parlamentari comunque vogliono tornare verso il loro consenso. Vogliono tornare affini all’elettorato ed alle tematiche che li hanno portati nei palazzi. Spesso questo atteggiamento prende il sopravvento.

La riprova  è che il taglio dei parlamentari è passato. Il Movimento Cinque Stelle ha l’antipolitica nel sangue. Sapendo di mutilarsi da soli, i parlamentari sono andati avanti. Spinti da una vocazione a scardinare il sistema. E’ quella vocazione all’antipolitica che impregna gli eletti e gli elettori pentastellati. Nonostante vogliano restare al potere i loro rappresentanti continuano ad essere dei populisti nella strategia.

Si sono prestati a tanti, forse troppi compromessi, ma vogliono essere di rottura. Come se i rivoluzionari avessero preso la Bastiglia, e poi i loro capi avessero accettato di diventare cortigiani ed essere investiti di titoli nobiliari. ma poi continuando a gridare : ” abbasso il privilegio” e  ” morte alla nobiltà”.

Irrilevanti in coalizione

Basta vedere le elezioni amministrative . I Cinque Stelle in collezione crollano sempre perché non sono efficacemente coalizzabili. Non sono un valore aggiunto. Non portano nulla di rilevante in termini di consenso.  Chi li vota odia profondamente gli schemi di potere ed i partiti tradizionali. Vive in alternativa. Vive per l’alternativa.

Ora sembra abbastanza chiaro, al di là dei singoli argomenti di divisione, all’orizzonte c’è una scissione. I due i principali protagonisti di questa scissione, sono già alla ribalta. L’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte e l’attuale Ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

E qui siamo al paradosso

Di Maio è un personaggio non all’altezza del ruolo. Privo di reale esperienza. Non detiene titoli autorevoli. Non ha una carriera professionale che giustifichi la posizione raggiunta. Dall’esperienza politica discutibile. Però è sicuramente un manovratore, astuto. Uno che riesce anche a sembrare di livello decente, vista la bassa qualità  dell’attuale classe dirigente. E’ sicuramente una che non vuole rimanere fuori dal Parlamento. Di Maio oggi sta rappresentando i cosiddetti responsabili. I governisti del movimento sono con lui.

Mentre invece Giuseppe Conte  è un accademico. Un professore universitario.  ha fatto il presidente del consiglio, proprio perché serviva una figura di rilievo, se non politico, almeno intellettuale. L’uomo di nobili ascendenze è supportato dalla parte più movimentista. Da coloro i quali non amano i palazzi e le logiche dei palazzi.

Logica avrebbe voluto ruoli invertiti per i due esponenti pentastellati. C’è però da dire che probabilmente la parte movimentista tra i parlamentari sostiene Conte, soltanto come argine al governismo di Di Maio. Perché non ha, persona più forte più autorevole.

La reazione dell’elettorato?

Quella c’è da scoprirla. Sono convinto che Di Maio sia uno che porta poco, in termini di voti. Non lo vedo  capace di creare una lista forte  e credibile.  Non attrae i professionisti e le classi colte perché lo vedono il migliore tra i peggiori.  Alle elezioni queste fasce di elettori si affideranno ad altri. Probabilmente ormai è inviso anche a quell’elettorato che aveva fidato e lui. Potrebbero diventare una costola o aderire ad un campo largo.   Per lui ancora meglio se da indipendente nelle liste di un partito forte. Magari il PD. Probabilmente in questo momento si porterebbe dietro più parlamentari che voti reali.

Giuseppe Conte d’altronde non rispecchia l’anima movimentista che dovrebbe rappresentare. Quando si va davanti all’elettorato il problema è più complesso.  Se i parlamentari possono sposarlo perché hanno necessità di contrastare Di Maio, molti elettori vanno conquistati ed invogliati ad andare a votare. Serve un personaggio in grado di interpretare il ruolo. Conte paradossalmente non è l’uomo dei movimentisti. Se i mesi che separano dalle lezioni non fossero così pochi e le risorse così limitate, potrebbe rifiorire Di Battista. Ma il tempo stringe troppo . E, salvo una mossa estremamente audace quanto rischiosa, tutto si giocherà tra Conte e Di Maio. Probabilmente la fetta più consistente di voti andrà verso Conte ed il movimentismo che lo supporta.

Però il primo partito delle scorse elezioni, perderà molti seggi. Diventerà probabilmente irrilevante. Comunque vada sarà una sconfitta rovinosa per i Cinque Stelle e le formazioni nate dal grillismo.

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