Esami di (im) maturità per la scuola italiana

Viaggio a distanza di trent'anni nel conformismo scolastico odierno

Scuola

Torno a varcare la soglia di una scuola superiore dopo più di trent’anni.

L’occasione è l’esame orale dell’esame di maturità della figlia di cari amici; ometterò ogni riferimento per ovvio ed opportuno anonimato.

L’odore qui è quello che ricordavo dal mio liceo; non sono lì oggi, ma poco cambia: vecchi arredi consunti, un po’ di polvere e tanto sudore di pomeriggi estivi. Ansia di chi aspetta e sollievo di chi ha finito che si incontrano in un eterno duello.

Allo stesso tempo duellano in ogni maturando la voglia di finire, e la paura di terminare un percorso che porta ad essere diversi da come ci si ricorda da sempre. Da domani, lavoro o università, la vita sarà diversa da come la memoria di adolescente sovviene. Che da quando ci si ricorda si è sempre andati a scuola, Covid a parte. Da domani non sarà più così.

Un senso di amarezza

L’amarezza, però, presto prende il luogo della dolce rimembranza. Cominciano le prove, che si susseguono stancamente, tra sguardi annoiati ed infiniti adempimenti burocratici.

Non è come pensate: il luogo comune che ‘ai nostri tempi era diverso‘. Non lo era, non lo è mai stato. Ma ora, onestamente, è pure peggio.

Tra ‘guerre di trincea e logoramento‘ e formule di aree e volumi di solidi a me sconosciuti, le trite nozioni si susseguono: poi i ripetenti sarebbero i ragazzi.

Ma ciò che atterrisce è l’omologazione ed il conformismo imperanti.

Gaia (nome di fantasia) tuona contro lo ‘scempio che ha devastato la natura, mentre l’inquinamento la ha violentata (Sic)’. Mauro (parimenti di fantasia) confida che la ‘transizione ecologica fermi l’inevitabile disastro causato dai cambiamenti climatici‘. Che ovviamente si addossano ciecamente all’opera umana, senza che sfiori il dubbio che non sia così. Che l’influenza umana sia pari solo al 5% come attestano molteplici studi, che il cambiamento sia essenzialmente ciclico. Almeno un po’ di sana anima critica, che diamine.

Non si contano le ‘sistematiche devastazioni ecologiche messe in opera dall’uomo‘ (chissà se sono comprese anche le donne). Forse si riferisce alle miniere di Litio e terre rare deputate a fornire linfa alla transizione elettrica. Ed alla manodopera minorile impiegata. Macché.

Gli occhi persi dell’esaminando nel proporre tali frasette, fanno il paio con le espressioni trionfanti e sognanti dei professori, che si sentono qui ripetute alla perfezione le loro affermazioni, genuflesse al pensiero unico.

Tra la ‘condizione femminile della negazione dei diritti delle donne da parte della società patriarcale‘ e banalità incancrenite sullo sfruttamento coloniale, decido, esaurita ormai la pazienza, che può bastare così.

Che la scuola dovrebbe produrre cervelli pensanti offrendo loro le nozioni ed i mezzi per formulare un proprio pensiero. Ed essere cittadini consapevoli. Con spirito critico e, soprattutto, diffidente verso le sentenze assiomatiche e troppo univoche.

Invece sforna menti fragili, già corredate di pensiero unico conformista, pronte da soggiogare suadentemente nella società allineata odierna. Da plasmare a beneficio del potente di turno.

La vulgata dominante è lì, feroce e vorace e la scuola italica la sfama con le nuove generazioni, che già dai banchi di scuola, o peggio, dalla Dad, son già disabituate a pensare.

Perché farlo, se c’è chi lo fa per te, offrendo un kit di opinioni già pronte all’uso. E così divinamente complementari agli scopi prefissi.

La classe dirigente del domani, voilà, è servita, già inneggiante ai nuovi disvalori tanto di moda. E pronta e prona al novello 1984 redivivo di Orwelliana memoria.

A coronare e completare il florilegio di banalità ci penseranno poi i Fedez ed influencer di turno. In un coro incessante ed univoco.

Me ne vado con un sorriso imbarazzato accommiatandomi dai miei amici e la loro figlia ‘matura’, ripensando a quel ragazzo che si è presentato al proprio istituto con la maglietta “la scuola Italiana fa schifo“. Ha dimostrato, almeno lui, irriverente carattere.

Quella sana ribellione che è alla base del progresso, che non è sprezzo delle regole, ma critica del conformismo.

Cosa lo ha spinto? Pubblicità, intenti personali, poco mi importa, probabilmente lo sostengo per ragioni molto lontane dalle sue, ma onestamente oggi non mi sento di dissentire dal suo pensiero.

 

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