Dal grembiule del Duce al Che da bancarella: souvenir, divieti e ipocrisie all’italiana
A Firenze un ambulante del centro storico è stato multato per 400 euro perché esponeva grembiuli con l’effigie di Benito Mussolini, fasci littori e tricolore.
Un intervento rapido e inappuntabile, fondato sul regolamento comunale che, nell’area Unesco, vieta tassativamente la vendita e l’esposizione di gadget inneggianti al fascismo e al nazismo
Formalmente è giusto: la legge italiana, dalla storica legge Scelba del 1952 fino alle più recenti iniziative regionali, punisce l’apologia del fascismo e i richiami al Ventennio. Ma la notizia lascia un retrogusto amaro.
Perché più che svelare nostalgie fiorentine, sembra fotografare l’ennesima contraddizione italiana
Chi compra davvero grembiuli e accendini col Duce?
Non i cittadini, che in centro quasi non ci vanno più, se non costretti per lavoro o esigenze amministrative dal momento che la popolazione fiorentina del centro, quella si sarebbe da proteggere come patrimonio umano dell’ umanità e da tutelare dal WWF come specie in estinzione nel suo abitat originale, infatti i fiorentini costretti ad andare in centro con le tramvie, mezzi logistici per i propri spostamenti di pusher, borseggiatori, senza tetto, folli di ogni tipo e Baby gang, approdano al centro storico e devono schivare folle di turisti e prezzi proibitivi.
I veri clienti di quei commercianti sono proprio i visitatori stranieri, che guardano a questi oggetti come a una curiosità pittoresca, non come a un vessillo politico
Eppure l’indignazione scatta sempre puntuale.
Il paradosso è evidente se ci si sposta a Predappio, patria di Mussolini. Lì i negozi straripano di busti, bottiglie, calendari e magliette col Duce, in vendita alla luce del sole e non certo di nascosto. Negli anni si sono moltiplicate le proposte di legge per fermare questo commercio, ma senza esito.
Firenze multa, Predappio vende: due Italie che convivono due regioni da sempre di sinistra più rosse della corea del Nord , eppure in una situazione sanziona e nell’ altra si commercia, liberamente
E allora la domanda è inevitabile: esiste una deroga non scritta per cui in Romagna sia possibile ciò che in Toscana diventa reato?
Sul piano europeo la questione si fa ancora più spinosa. L’Unione ha approvato risoluzioni che equiparano i crimini dei regimi totalitari, nazisti e comunisti, invitando gli Stati membri a introdurre leggi di contrasto. Ma non c’è un obbligo vincolante.
Così in Italia, mentre il fascismo è normato e perseguito, il comunismo rimane sullo sfondo, evocato più nei talk show che nei tribunali
Di conseguenza, accanto ai gadget col Duce si trovano senza scandalo magliette del Che Guevara o bandiere rosse con falce e martello. Perché i primi suscitano il furore delle sanzioni e i secondi no?
Alla fine resta la sensazione che i controlli siano selettivi, più dettati dalla convenienza politica e dal decoro turistico che da una reale volontà di affrontare il tema della memoria storica.
Il fascismo non è folklore e i suoi simboli non possono ridursi a merce da mercato
Ma se la coerenza è un valore, allora dovrebbe valere ovunque e per tutti, non soltanto quando fa comodo multare il venditore della bancarella fiorentina sotto gli occhi increduli dei vigili.
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