Che bello, un governo giallorosso…

Sarò sadomaso, ma mi eccita l’ipotesi di un governo grillino-sinistro. È una perversione lo so, ma c’è anche una perfezione a rovescio e un’alleanza di governo tra i 5stelle, il Pd e Leu avrebbe la perfezione del negativo: tutti i dettagli nefasti si allineano con precisione meticolosa, il nulla si sposa col peggio, l’arroganza abbraccia l’incompetenza, l’antiItalia si allea con l’antirealtà, il vecchio statalismo babbione si accoppia al bambinismo di cittadinanza, il fallimento multiplo della sinistra dai tempi del comunismo ai tempi del renzismo si coniuga con la militante vacuità dei grillini… Un governo del genere, perorato da quasi tutti i Maestri Cantori dei Media, riuscirebbe a portare a compimento la parabola della nostra democrazia. Dopo non ci resterebbe che un governo Monti-Toninelli o Fico-Fornero e avremmo esaurito tutti i possibili incroci perversi dell’Assurdo. A questo punto meglio un monocolore della Volkspartei.

Ma la realtà, come state vedendo, è più complicata del previsto: l’alleanza col Pd non piace a Di Battista che è movimentista, rivoluzionario e populista-sudamericano e coerentemente non sopporta il Pd e non vuole morire democretino, cioè utile idiota dei dem. E non piace a Di Maio che vede finire la sua leadership e il suo ruolo al governo per il veto posto dal Pd. Il patto Pd-5S presta il fianco a due possibili scissioni. Una in ambito grillino, ammesso che Casaleggio stesso abbia davvero voglia di legare i grillini alla sinistra e al Pd. Pensate che gli attuali governativi dei 5 stelle possano accettare senza battere ciglio di finire in cantina per decreto piddino? L’ipotesi che un’ala dei grillini si stacchi e persegua l’alleanza con la Lega non è fantapolitica.

Ma in casa Pd i maldipancia sono tanti e i preparativi per una scissione sono già allo stato avanzato. È una fesseria o al più una boutade propagandistica dire che Renzi, Boschi e Lotti torneranno al governo coi grillini. La benedizione che Renzi dà al governo Pd-5S rientra in quello che gli antichi toscani chiamavano il supplizio etrusco. Ovvero si lega un vivo a un morto fino a che non muore pure lui. Il difficile è stabilire in questo caso chi dei due sia il vivo…

Ma boutade a parte, Renzi concepisce il Pd di Zingaretti & C come una bad company su cui scaricare le negatività e poi dopo il massacrante menage coi grillini, far nascere il suo nuovo partito napoleonico. Renzi non tifa per un’alleanza coi grillini, ma chiede solo tempo per compiere il suo progetto, e intanto tiene il governo per i testicoli grazie ai numeri determinanti di cui dispone in Senato, e poi scaricarlo quando il suicidio è maturo. Un governo “staisereno”, per capirci.

Di questo disegno e della dipendenza di un governo dai renziani sono consapevoli, credo, Gentiloni e forse lo stesso Zingaretti; e dall’altra parte Di Battista e Di Maio e Grillo e Casaleggio.

Insomma, il quadro non è così semplice e temo che il gusto perverso, pervertito, di un governo giallorosso statalista, tardo-comunista-populista, aggravato dai leucociti di sinistra, non sia scontato che venga appagato. Per la prima volta mi si stringe il cuore pensando al povero Mattarella, costretto a organizzare corsi serali per distinguere la padella dalla brace e ad ascoltare delegazioni che lascerebbe volentieri alle spade dei corazzieri. In un altro giro di consultazioni come quello che si annuncia rischia un’alopecia fulminante, perdendo di un colpo la sua compatta capigliatura.

Una riflessione a parte merita Giuseppe Conte. Era entrato al governo col ruolo di vicepremier dei suoi vicepremier, e ha tenuto il vuoto spinto della sua posizione con decoro e dignità. È piaciuto a tutti il suo tono sobrio e la sua disinvolta padronanza nel recitare il ruolo di premier anche a livello internazionale. Un po’ meno sono piaciuti i suoi giochini furbetti con la Merkel e con gli altri leader mondiali dove è andato oltre il suo ruolo di Zelig, che assume le sembianze gradite all’interlocutore. Lì mostrò di giocare per suo conto la partita, era già antileghista da subito, e si era furbescamente situato come il punto d’incontro non tra Di Maio e Salvini ma tra Di Maio e Mattarella, e a livello europeo tra grillini ed establishment eurocrate. La conferma fu l’operazione Ursula. Conte ha un’idea avvocatizia della politica; non sta con nessuno, difende tutte le cause possibili con rimborso a pié di lista, la sua parcella è il ruolo. Stavolta nel suo ultimo discorso, ha derogato al suo misurato aplomb e pur di compiacere il Pd e proporsi anche a loro, ha non solo sciorinato un programma per un conte bis ma anche attaccato brutalmente Salvini. Se lo avesse attaccato sulla responsabilità della crisi nulla da eccepire, dal suo punto di vista era sacrosanto. Ma attaccare non l’atto bensì la persona, come non aveva mai fatto, e attaccarlo su cose pregresse, ha lasciato in tutti la considerazione: ma come, pensavi questo di Salvini, detestavi le sue scelte e non lo hai mai dato a vedere, anzi hai fatto un governo con lui fingendo intesa perfetta e anni bellissimi?

Conte però è servito come metro per giudicare il livello della politica: se un signore qualunque, un avvocato sbucato dal nulla in politica viene salutato come uno statista, senza che abbia fatto nulla di significativo, se non la forma garbata, a quale livello è scesa la politica?

E Salvini? Di lui stavolta non voglio parlare, vediamo dove andrà a parare. Per ora diciamo che ha avuto un brutto agosto, e per restare nell’ambito sovranista, ne è uscita meglio la Meloni. Ma qui si muove tutto, il quadro è sismico e vedremo che razza di bestia uscirà dal cilindro di Mattarella.

MV, La Verità 25 agosto 2019

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