Cavalcando la tigre, la leggenda di Fiore

tigre

Fiore era assorto nella lettura e nel sommesso fruscio della natura, quando sbucò tra le piante lo sguardo tremendo di una tigre. Mai vide tanta bellezza unita al terrore: era smagliante, di uno splendore terribile, uno sguardo crudo che veniva da altri mondi; uno spettacolo regale di potenza e colore che scatenava una sensazione di pericolo assoluto. Incrociare i suoi occhi fu come trovarsi al cospetto del destino in attesa del suo inesorabile, imminente verdetto.

Il panico durò meno di un attimo, gli risalì nella mente come in un lampo il consiglio ascoltato senza troppo pensarci da un vecchio del posto, restò fermo davanti alla tigre mentre spalancava le fauci; poi quando fu vicina scivolò lentamente al suo fianco per poi montare con un’agilità sorprendente – anche per lui – sulla groppa della tigre. Se sei davanti alla tigre non tentare di fuggire, lei è più veloce di te; non tentare di affrontarla, lei è più forte di te; non tentare di pugnalarla, lei ha più armi di te; e non tentare di ammansirla, lei è più cruda di te.

Non resta che montarvi sul dorso e cavalcarla, sparendo al suo sguardo, alla sua bocca e alle sue zampe; unendoti a lei, passando dalla sua parte, vedendo il mondo con i suoi occhi e la sua andatura. È difficile che tu ne abbia alla fine ragione e non è facile che tu possa salvarti, ma è l’unico tentativo possibile. Quel viaggio assurdo sul dorso della tigre durò pochi istanti ma furono infiniti di ebbrezza e terrore.

Non ci fu tempo per avere paura ed essere consapevoli di quel che poteva accadere, la tensione era assoluta. L’animale non si scrollò di lui, forse l’avrebbe fatto alla prima sosta, sbranandolo. Fu il minuto più audace della sua vita. La tigre aumentava il suo passo aguzzando la vista, incurante di lui che la cavalcava; sembrò avvistare un lontano obbiettivo e con lo sguardo teso alla preda mirata, cominciò la sua corsa, saltò sotto l’arco di un grande albero dai rami bassi, Fiore fu costretto d’istinto ad attaccarsi a un ramo pendente e possente per non schiantarsi nell’urto e restò sospeso a quel ramo, poi risalì fino alla cima dell’albero; la tigre continuò la sua corsa fino a sparire allo sguardo. La morte annunciata della preda puntata fu la salvezza della sua vita, legge spietata del mondo in natura.

Fiore discese poi dalla pianta, percorse a ritroso il cammino, con un passo leggero quanto rapido, seguendo il corso del fiume, fino a raggiungere il villaggio. Solo allora l’emozione si sciolse in un sudato sorriso di lacrime e affanno. Tutto gli parve più lieve e smagliante, il mondo brillava del suo sollievo, la tensione gli aveva imperlato la fronte e le guance. In quella manciata d’istanti sul dorso della tigre gli era balenata tutta la sua vita trascorsa ma anche il suo senso e la sua direzione, in forma di immagini, non di pensieri.

Si sentì ringiovanito d’un colpo, tornato adolescente, anzi rinato; la gioia di essere vivo restò ineguagliata in tutta la sua vita. L’apice della vita si tocca a un passo dalla sua perdita, come la sommità davanti al precipizio. Una morte scampata ti restituisce alla vita piena, ti addita una sorte e un cammino. Si dispiacque solo d’aver perso il libro che stava leggendo con avidità. Ero ancora a metà delle pagine, disse spalancando un raggiante sorriso.

MV, La leggenda di Fiore (Ed. Marsilio)

 

 

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