Arrivano 170 miliardi dai Recovery Bond. Ma non c’è da festeggiare

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Arrivano, per l’Italia, 170 miliardi di euro dal Fondo Europeo per la Ripresa, finanziato con i Recovery bond. Questa la notizia bomba di oggi proveniente da Bruxelles. Una notizia che ha fatto esultare in modo smodato gli integralisti dell’europeismo. “Brutta giornata per essere antieuropeisti” ha titolato Il Foglio sulla home page dell’edizione on line. Il problema è che, come ormai l’UE ci ha insegnato, è sempre bene guardare oltre la patina dorata della confezione. Basta grattare leggermente per vedere che c’è poco di luccicante. E quel poco non è oro.

ARRIVANO 170 MILIARDI, MA L’EUROPA CI DICE COME SPENDERLI

Vediamo nel dettaglio. Prima di tutto di questi 170 miliardi, 80 saranno a fondo perduto e 90 saranno di prestiti. I 90 di prestiti quindi dovranno essere restituiti sia nel capitale che negli interessi. E ancora non si conoscono le condizioni alle quali verranno concessi.  Toglietevi poi dalla testa che l’Italia possa utilizzare i capitali come meglio crede, nell’ottica di sostenere e stimolare l’economia. Perché la Commissione Europea ha già dettato la linea.

Una linea che pare suggerita da Greta Thunberg. Infatti, secondo la Commissione, il rilancio e la modernizzazione dell’economia dovrà passare dal digitale e dall’ambiente.  Scelta rispettabilissima, se non fosse che questa pandemia ha evidenziato l’ormai perduta capacità industriale di buona parte dell’Europa. In oltre tre mesi non si è stati capaci di produrre a livello nazionale (e non solo in Italia) mascherine, camici, tute protettive. Ma invece di pensare al ritorno di una produzione industriale di massa nel continente, si vuole finanziare l’economia digitale e quella verde.

NEMMENO LA PANDEMIA HA INSEGNATO QUALCOSA

Una follia non solo dal punto di vista della crescita economica, ma anche e soprattutto sotto il lato occupazionale. Evidentemente neppure una crisi epocale come quella provocata dalla pandemia è riuscita a far cambiare idea ai burocrati di Bruxelles.  Delocalizzazioni, deindustrializzazione, terziarizzazione e finanziarizzazione delle economie europee. Neppure il COVID-19 è riuscito a stoppare la deriva iperliberista dell’Europa unita.

NUOVE “EUROTASSE”

Parte dei costi degli interessi e per il rimborso dei bond verranno finanziati con l’imposizione di nuove tasse europee. In pratica verrà creata una web tax continentale che dovrebbe colpire i grandi colossi della rete. E verrà introdotta anche una nuova imposta sulle emissioni di carbonio. Questo tributo andrà ad incidere anche sulle imprese italiane. Proprio quelle industrie che dovrebbero essere aiutate nel confronto con concorrenti sleali dell’estremo oriente e che, invece, verranno messe ulteriormente in difficoltà.

MA CONVIENE DAVVERO ALL’ITALIA?

C’è pure un ultimo aspetto da considerare. L’Italia è già contributrice netta dell’UE, cioè versa ogni anno più di quanto riprende dalla redistribuzione dei fondi del bilancio comunitario. Con l’emissione dei Recovery bond la forbice tra quanto viene dato e quanto viene preso aumenterà, proprio per l’aumento dei costi che l’Europa dovrà sostenere. Ma allora la domanda non può che nascere spontanea: per l’Italia non sarebbe stato meglio prendere i fondi a prestito riservando le emissioni di titoli di Stato ai soli cittadini italiani? E non si poteva diminuire la quota di contributi annuali da pagare a Bruxelles a carico di Roma?

TANTI DUBBI, POCHE CERTEZZE

I dubbi sono tanti e ancora non si conoscono eventuali condizioni aggiuntive che la Commissione Europea potrebbe imporre al nostro governo. Insomma, le perplessità e le incertezze sono molte di più rispetto ai motivi per essere felici. Ma gli europeisti convinti esultano e, per qualche ora, lasciamoli festeggiare. Poi, purtroppo, verrà il momento in cui dovranno essere fatti i conti e allora ci saranno ben pochi motivi per fare festa.

 

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