Antifascisti col manganello digitale: l’ipocrisia di chi non ha capito niente
Giorgia Meloni è stata di nuovo travolta da una raffica di insulti e attacchi sui social. Non è una novità, ormai succede a rotazione a chiunque abbia una carica pubblica e soprattutto se è donna, madre e – peggio ancora per certi ambienti – di destra.
Ma la cosa davvero inquietante non è tanto il solito branco di “leoni da tastiera”. È l’ipocrisia di chi, mentre urla al fascismo, lo pratica nei modi e nei toni. Perché insultare, minacciare, denigrare una persona solo per le sue idee – o peggio, per la sua faccia, il suo genere, o il suo ruolo – non è libertà di espressione. È violenza
È intimidazione. È fascismo, nella sua forma più becera e digitale.
Si può criticare Meloni, come chiunque. Ma quando si passa dalla critica al fango, dal dissenso all’odio sistematico, il problema non è più politico: è culturale. Anzi, è antropologico.
Chi si riempie la bocca di antifascismo mentre agisce con arroganza, prepotenza e violenza verbale, dimostra una cosa sola: non ha capito niente della storia. Perché il fascismo non è un’etichetta che si appiccica a piacimento: è un atteggiamento
È voler zittire chi non la pensa come te, è usare il branco per mettere alla gogna, è eliminare il confronto per sostituirlo con il disprezzo.
E a ben vedere, quelli che oggi aggrediscono Meloni sui social, sono gli stessi che poi si offendono se li chiami “intolleranti”. Ma lo sono. E sono pericolosi perché travestono il loro odio da “impegno civile”. Sono il frutto di un analfabetismo digitale ormai completamente ideologizzato. Gente che crede che avere un profilo X o TikTok equivalga a essere portatori di verità. Ma che in realtà mostra solo rabbia mal gestita e zero rispetto per la democrazia.
E no, non c’entra nulla l’essere di destra o di sinistra. Qui si tratta di rispetto, civiltà, e capacità di convivere con chi la pensa diversamente. Quando manca tutto questo, quando si cerca lo scontro a ogni costo, quando si agisce per distruggere invece che per costruire, allora sì: il fascismo non è nel passato
È qui, è adesso. Solo che ha cambiato faccia e si nasconde dietro uno schermo.
Chi attacca una persona pubblica con toni da branco non è un eroe dell’antifascismo. È solo un piccolo, moderno, codardo censore, un Fascista in erba e come tale dovrebbe essere indicato da tutti in particolare da quella parte politica che da sempre veste le parti dell’ antifascismo militante.
E va detto forte.
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