Ai tempi della Naja facevamo la “stecca”

Chi ha fatto il servizio militare, la Naja, lo sa, il passaggio della “stecca” era il momento in cui si cominciava a diventare “anziani” o “nonni” ed il congedo si avvicinava.


Per estensione, poi, si chiamava sempre stecca il foglio in cui si spuntavano i giorni che al congedo mancavano, in gergo “quanti giorni all’alba”, e in tale proporzione si mettevano piccole stelle verdi, bianche e rosse nel basco o nel copricapo. Chi era alla seconda o terza rossa era prossimo al fatidico rientro alla vita civile, tanto agognata ma in fondo anche allo stesso tempo temuta.

Ma come nasce tale tradizione della “stecca”? È ancora in auge?


La stecca, oggi raro e prezioso cimelio, vive in tutti gli Istituti militari ove viene custodita gelosamente dagli Allievi Anziani ed affonda le proprie origini alla prima metà del XIX secolo.
Era un oggetto in uso tra il 1820 ed il 1940, la stecca o lustrino, materialmente constava di un pezzo di legno (delle dimensioni di cm 30,5 x 4,5 x 0,5) ad una delle cui estremità era presente un foro da cui proseguiva una fessura per tutta la lunghezza della stecca stessa.
La finalità era quella di accogliere i bottoni della giubba della divisa (nonché del cappotto e del pastrano per le Armi a cavallo) che venivano inseriti nel foro e poi fatti scivolare lungo la fessura. Una volta inseriti tutti i bottoni nella stecca era possibile lucidarli senza sporcare il tessuto dell’uniforme.


Ben presto esso divenne simbolo di militarità ed anzianità di servizio, diffondendosi ben
presto in tutti gli Istituti Militari di formazione. Presso di essi se ne conservava un esemplare (a volte una copia d’argento o d’avorio) nella sala dei cimeli storici e, ogni anno, veniva consegnato dal Capocorso anziano all’Allievo più giovane del 1° anno, nel giorno del MAC P 300 (poi 100), la festa di fine corso.
In questo senso gli anziani, goliardicamente, cedevano in consegna le fatiche accademiche ai giovani, nelle accademie detti “cappelloni”, che le ereditavano con pazienza, che era un altro nome di quello strano arnese.


Tale cerimonia sopravvive inalterata nelle Scuole Militari, nelle Accademie ed anche nelle Associazioni combattentistiche di congedati, ove esistono stecche di dimensioni più generose delle originarie sulle quali sono riportati gli stemmi dei corsi e che svolgono ormai solo un ruolo simbolico e tradizionale.
Proprio tale termine, tradizione, nella consegna della stecca, rispecchia in pieno il significato etimologico latino: “traditio” per i romani era sia la consegna sia materiale che il racconto e l’insegnamento.

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