Aggressioni in corsia, la sanità sotto assedio: ora interviene anche l’Europa
Negli ultimi anni, la questione della sicurezza negli ospedali è diventata sempre più urgente, tanto in Toscana quanto nel resto d’Italia. Medici, infermieri e operatori sanitari denunciano una crescente ondata di aggressioni fisiche e verbali nei reparti e nei pronto soccorso.
Il problema, a lungo sottovalutato, tocca profondamente la dignità e la serenità di chi lavora ogni giorno per salvare vite
In Toscana, questa situazione è stata più volte segnalata da rappresentanti politici dell’opposizione, che da anni chiedono interventi concreti per tutelare il personale sanitario e valorizzare i medici che scelgono di operare nelle aree interne, dove la carenza di personale è particolarmente grave.
Com’è noto, le istituzioni regionali guidate dalla sinistra hanno spesso minimizzato il problema, sostenendo che la sanità toscana funziona bene e che le proposte per aumentare la sicurezza — come la presenza di vigilanza o strumenti di protezione per il personale — rischierebbero di “militarizzare” gli ospedali
Tuttavia, la realtà racconta altro. In diversi presidi ospedalieri,come quello di Empoli, si sono verificati episodi di violenza contro medici e infermieri. Episodi che oltre a lasciare ferite fisiche, incidono profondamente sul morale del personale, che si sente sempre più solo di fronte a una crescente aggressività sociale.
La questione, partita come un problema locale, ha oggi assunto una dimensione europea
Il Parlamento Europeo ha infatti avviato un’iniziativa per chiedere a tutti gli Stati membri di intervenire in modo coordinato per garantire la sicurezza dei lavoratori della sanità e incentivare chi sceglie di operare nelle zone più difficili o meno servite.
Questa presa di posizione a livello europeo mette implicitamente in discussione l’atteggiamento di chi, a livello regionale, ha negato o ridimensionato il problema
La Toscana, spesso considerata un modello di sanità pubblica, si trova dunque di fronte alla sfida di dimostrare di esserlo davvero anche sul piano della tutela delle persone che fanno vivere il sistema sanitario. Riconoscere la gravità delle aggressioni e agire per prevenirle non è un segno di debolezza, ma di rispetto e responsabilità. Forse è arrivato il momento di superare le logiche di parte e di affrontare la questione con la serietà che merita, perché la sicurezza di chi cura è parte integrante del diritto alla salute di tutti.

