Iran sempre più isolato: anche la Russia tentenna
Articolo di H.S.
L’Iran, architetto del 7 ottobre e principale finanziatore dei suoi esecutori, sembra più che mai abbandonato da tutti. Nessuno è più disposto a sostenerlo, sembra quasi che gli siano rimasti solo un analista (Alessandro Orsini) e una cronista (Cecilia Sala), chi più chi meno intenti a ridimensionare i fatti.
Questo isolamento del regime è dimostrato chiaramente dalla rassegna stampa di martedì 24 giugno
Il Corriere della Sera scrive: “Teheran non ha più alleati né milizie. Gli unici rimasti sono Yemen e Iraq sciita. La Siria l’ha persa con Assad e il Libano si è sgretolato con Hezbollah”.
E il Giornale aggiunge: “Putin lo riceve, ma gli volta le spalle” (Il Giornale). La Cina, racconta Avvenire, è “collerica ma impotente” (Avvenire). La Turchia tace. E in Libano si festeggia, nonostante le macerie.
Eppure, come già sottolineato, c’è chi sembra di altro avviso di fronte a questa, ormai lampante, disfatta
Cecilia Sala invoca la “pazienza strategica”.
La “pazienza strategica” di Ali Khamenei, citata da Cecilia Sala come una “dottrina”, sarebbe anche quella che gli ha garantito longevità e controllo tra due nemici più forti. A ben vedere, però, essa appare più che altro come il tentativo di infiorettare il termine “sconfitta”. Sala interpreta la pazienza come una forma di lungimiranza, quando ormai è abbastanza evidente esser solo una forma di inerzia.
E, dunque, finisce che il declino si trasforma in una ponderata forma di strategia, anche se non si comprendono appieno i contorni di questa “pazienza”, dal momento che mentre Khamenei porta pazienza, l’Iran ha finanziato e architettato l’attacco del 7 ottobre – a quel punto più che strategia della pazienza, sembra quella dei “palestinesi carne da cannone”
Alessandro Orsini afferma che Israele senza Trump è niente
Dal suo canto, Alessandro Orsini, in un video recentemente pubblicato, ci ha tenuto a sottolineare con enfasi che “Israele [dopo la prima tornata di attacchi alla repubblica islamica] non è più in grado di bombardare il territorio dell’Iran”.
Non è proprio così.
Alla luce delle incursioni su Evin e Natanz di lunedì 23 giugno, dopo oltre dieci giorni dall’attacco israeliano, e la risposta dell’Iran che si è parecchio depotenziata, sembra che delle due sfidanti, chi è in seria difficoltà non sia Israele.
Il tutto, ben lungi dall’intervento americano, occorso solo dopo che Israele aveva già ottenuto la supremazia aerea sul paese nemico.
E la stessa sensazione, evidentemente, ce l’hanno avuta anche gli storici alleati dell’Iran, in primis la Russia, che ha assunto un atteggiamento a dir poco tiepido di fronte a questa crisi
Due parole due sulla stampa nostrana.
La stampa italiana il 24 giugno, fotografa, sì, un regime isolato, snobbato dalla Russia, la cui situazione fa storcere parecchio il naso alla Cina. Ci dice che è colpito, indebolito ma… finisce lì. Siamo di fronte a un super spiegone, dove ci viene narrata la realtà dei fatti – checché ne dicano alcuni – ma nessuno si azzarda a dire che il regime sembra ormai prossimo “al capolinea”, alla caduta.
Non si capisce se la stampa non voglia sbilanciarsi – stile Ignavi di Dante – in attesa di vedere come finirà o se questa reticenza sia, di base, una mal disposizione nell’ammettere a chiare lettere che Israele ha pressoché vinto questa guerra, anche se ancora si combatte e se all’appello mancano tutti gli ostaggi israeliani.
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