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Home Esteri

Khamenei nel bunker, i fedelissimi cercano Mosca

di Simone Margheri
18 Giugno 2025
In Esteri
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Khamenei nel bunker, i fedelissimi cercano Mosca
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Khamenei nel bunker, i fedelissimi cercano Mosca.

il grande bluff del “fronte della rivoluzione”

Mentre l’Iran sprofonda in una delle crisi più gravi della sua storia recente, la propaganda del “fronte della resistenza all’ attacco sionista” scricchiola come una vecchia armatura arrugginita.
L’Ayatollah Ali Khamenei, guida suprema e simbolo vivente della teocrazia iraniana, non è nei suoi palazzi. È chiuso in un bunker, protetto dal cemento e dal silenzio, come Hitler nel 45′ da quando ieri Netanyahu ha rotto gli indugi ritenendo l’ Ayatollah un possibile bersaglio. Secondo indiscrezioni i suoi fedelissimi trattano con Mosca un’eventuale evacuazione di emergenza come fu per Assad.

Sì, avete letto bene. “i guardiani della rivoluzione” cercano la via di fuga, in Russia

Lo stesso Paese che i nostri pacifisti a senso unico – quelli sempre pronti a giustificare Putin, l’Iran, Assad e chiunque si opponga all’Occidente – osannano come baluardo della sovranità e dell’ordine multipolare. A patto, però, che l’ordine sia quello degli ayatollah, dei carri armati e della censura.

Una retorica della Forza smentita dai bunker

Per mesi, anni, ci hanno ripetuto che l’Iran era un baluardo contro l’imperialismo, impenetrabile e invincibile. Che Israele era l’aggressore che nulla avrebbe potuto contro i difensori della rivoluzione islamica.

Sembra svanire anche la narrazione che l’Occidente seminava il caos e che Teheran, Mosca e Damasco erano i difensori degli oppressi. Oggi quella narrazione mostra tutte le sue crepe. Non c’è niente di eroico in un regime che si rifugia sotto terra mentre la popolazione affonda nella crisi economica e i generali negoziano la fuga, mentre gli abitanti di Teheran scappano incolonnati e per timore non solo dei raid forse più per evitare la sollevazione che potrebbe avvenire da un momento e l’ altro.

Israele, nel frattempo, colpisce in modo chirurgico ed efficace: centrali nucleari, comandi militari, laboratori di armi avanzate

Il messaggio è chiaro: nessun santuario è più al sicuro. E mentre l’Iran risponde con piogge di droni, lanciati sulla popolazione, il cui scopo è quello di seminare solo il panico, la leadership scompare. Nessun discorso alla nazione. Solo bunker, paura e trattative segrete con Putin.

L’imbarazzo degli anti-guerra selettivi

C’è un silenzio assordante, in tutto questo, da parte dei soliti noti. Quelli che marciano per la pace solo quando a sparare è Washington. Quelli che invocano il diritto internazionale solo quando non si applica a Gaza o Kiev. Dove sono oggi? Che ne è della loro retorica quando è l’Iran stesso a implodere sotto il peso delle sue contraddizioni, non per colpa di un embargo o di una sanzione, ma perché il potere ha paura della propria ombra?

La verità è semplice e scomoda: l’Iran non è un faro di dignità antimperialista, è un regime in fuga da sé stesso

E chi, qui da noi, continua a raccontarne le gesta, fingendo di non vedere il prezzo pagato dai veri martiri di questo sistema: i giovani impiccati, le donne sfigurate con l’acido, i dissidenti spariti nelle prigioni segrete.

Una resa più che simbolica

Il fatto che l’uomo più potente d’Iran sia costretto a nascondersi non è solo un dettaglio logistico. È una resa simbolica. È la fine – o almeno l’inizio della fine – di una narrazione costruita su intimidazione, culto della personalità e retorica rivoluzionaria. Ora restano il bunker, i voli verso Mosca e le trattative disperate.

Chi oggi parla ancora di “resistenza” e aggressione ingiustificata, dovrebbe avere il coraggio di aggiornare il vocabolario. Perché quando anche gli ayatollah stanno preparano la valigia se dovesse accadere speriamo che ciò non porti al caos ma ad una rinascita del Paese che era degno erede della storia, cultura e tradizioni di quello che fu l’ impero Persiano, non è più tempo di slogan. È tempo di svegliarsi.

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Tags: AyatollahIN EVIDENZAIRANKhameneiRepubblica Islamica
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