Sessismo e politica: gli attacchi alla Presidente Meloni vanno condannati, senza se e senza ma
Se anche la prima Presidente del Consiglio donna di questo Paese, Giorgia Meloni, donna di destra, madre e cristiana, denuncia durante l’intervista esclusiva ad Adnkronos di essere vittima di attacchi sessisti, e se noi donne per prime ce ne restiamo in silenzio, allora ne abbiamo davvero tanta, di strada da fare, e tutta in salita
Dopo la denuncia della Presidente, non mi pare ci sia stata una corale levata di scudi, soprattutto da parte delle donne: è ben vero che molte donne che rivestono cariche politiche ed istituzionali sono state insultate più e peggio di quanto ha denunciato la Presidente del Consiglio, ed è ben vero ancora che Meloni per prima non ha in passato stigmatizzato gli insulti sessisti ricevuti dalle altre parlamentari, un po’ come se questi fossero una sorta di prezzo da pagare, soprattutto per quelle donne che rivestono ruoli di primo piano.
La musica deve cambiare, ed è ora che le donne siano consapevoli costruttrici di un cambiamento che non può più attendere; perché l’indignazione e lo sdegno siamo noi, per prime, a doverle esprimere, e con il silenzio ci condanniamo da sole.
Viviamo in un Paese in cui gli insulti sessisti, le molestie sessuali o gli omicidi di stampo sessista, per i quali si è addirittura coniato un nuovo termine divenuto purtroppo di uso comune, “femminicidio”, affollano le cronache quotidiane di un Paese nel quale ancora il sesso è purtroppo ancora una discriminante, sia per l’accesso al lavoro sia per la pari dignità salariale, per non parlare delle problematiche legate alla conciliazione dei tempi vita-lavoro per la cura dei figli o degli anziani; un Paese, il nostro, nel quale il linguaggio sessista infarcisce ancora giornali ed aule di giustizia (quanti stereotipi sessisti sono riprodotti in alcune sentenze…).
Viviamo in un Paese che dopo 79 anni dalla nascita della nostra Repubblica ha visto succedersi dentro Palazzo Chigi 30, e dico 30, Presidenti del Consiglio uomini, mentre fuori da Piazza Colonna a Roma la storia anche sociale scorreva a scandire tappe fondamentali nei diritti delle donne: dal diritto di voto conquistato nel 1945, al diritto alla pari remunerazione con gli uomini nel 1956, al diritto ad entrare a far parte di Magistratura e nei pubblici uffici nel 1963 (per entrare in Polizia, Guardia di Finanza e Forze armate bisognerà attendere rispettivamente il 1981 ed il 1999), fino al diritto ad interrompere volontariamente – e dolorosamente – una gravidanza nel 1978 con la legge n. 194, che cancellò il reato di aborto; per la pari dignità nella famiglia bisognerà attendere la riforma epocale del 1975, passando prima per la conquista, nel 1970, del divorzio
Solo nel 1981 abbiamo visto cancellato quanto previsto nel 1930 dal “Codice Rocco” sul matrimonio riparatore e sul delitto d’onore: prima, uno stupratore poteva potenzialmente sposare la sua vittima, “concedendole” di mantenere una reputazione dignitosa (il Codice penale prevedeva infatti l’estinzione della pena per la violenza sessuale seguita da nozze e la pena ridotta per chi, “in stato d’ira”, uccideva moglie, figlia o sorella per “illegittima relazione carnale”), e bisogna attendere i giorni nostri per avere una legge organica contro la violenza sulle donne (2013).
Ci sono volute poi le “quote rosa” per garantire la rappresentanza minima delle donne in ambito lavorativo e decisionale, ed anche in politica.
Nonostante le quote rosa, nonostante l’attenzione fin troppo puntigliosa al linguaggio di genere, il sessismo si manifesta eccome, anche ai danni della prima donna Premier in un momento storico in cui la rappresentanza femminile è addirittura in calo: nella attuale Legislatura, la XIX, per la prima volta le donne sono solo il 33% dei parlamentari in carica, ed in quasi tutti i gruppi parlamentari dove gli uomini sono più rappresentati delle donne
Per dare qualche numero: alla Camera ci sono 129 donne sul totale di 400 posti disponibili e al Senato sono 71 su 206.
E non va meglio a livello locale, anche nei Comuni governati dal centrosinistra: se è vero che Firenze ha eletto nel 2024 il primo Sindaco donna, nel Salone dei Duecento la massima assise cittadina è composta da 36 eletti: le Consigliere comunali si contano sulle dita di due mani, visto che sono addirittura 8 (lascio a voi il calcolo percentuale…).
In questo contesto, se Giorgia Meloni, che è il Presidente del Consiglio n. 31 di questa Repubblica, a metà del suo mandato denuncia, lei stessa, di essere rimasta vittima di attacchi sessisti, credo che sia un dovere di ogni donna esprimere solidarietà e sdegno.
Il giudizio sull’azione politica è un’altra cosa, e rispetto a quello c’è la politica; qui però si tratta di esprimere corale solidarietà ad una donna, che pure essendo al vertice del potere politico che per quasi ottant’anni è rimasto prerogativa maschile, subisce, al pari di tutte noi, quel viscido sessismo che fa brillare anche l’ipocrisia di tutte coloro che si indignano, a corrente alternata, quando nei discorsi pubblici accanto al Tutti non si citano anche le Tutte
Se ancora oggi c’è chi pensa di offendere una donna senza che ci sia una levata di scudi unanime da parte delle altre donne, comprese tutte noi donne della società civile che leggiamo i giornali, che navighiamo sui social, che ci fregiamo di essere donne emancipate e progressiste, che richiediamo sempre la “doppia” preferenza durante le campagne elettorali (anche se le pluricandidature influiscono sulla rappresentanza di genere), credo che una parte di responsabilità di questo stato di cose sia anche nostra.
La Presidente Meloni, che ha rotto il tetto di cristallo di Palazzo Chigi sedendosi sulla poltrona del massimo organo di governo di questa Nazione, potrebbe oggi rompere il tetto dell’omertà e dell’ipocrisia che vorrebbe relegare la questione del “sessismo” ai soli uomini: se, e dico se, la Presidente Meloni per prima fosse, dall’alto del ruolo che ricopre, la prima paladina di un fronte comune di donne di ogni schieramento e partito politico, per la costruzione di una reale cultura della “sorellanza” tra le donne impegnate in politica dove ognuna interviene a difesa dell’altra, laicamente ed oggettivamente sarebbe un bel cambiamento di passo, e tutti dovrebbero prendere atto che forse, qualcosa, si muove, e la salita non è poi così ripida
Per quanto mi riguarda, la solidarietà alla Presidente Meloni, come ad ogni altra donna impegnata in politica vittima di frasi sessiste, va espressa senza se e senza ma.
E lo dobbiamo fare tutte, perché “sembra che non contiamo niente, noi, ma insieme siamo tutto” (cit. Diamanti di Ferzan Ozpetek).
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