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La guerra mondiale contro Salvini

di Marcello Veneziani
11 Marzo 2020
In Politica
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La guerra mondiale contro Salvini
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Come reagiranno gli italiani alla guerra mondiale contro Salvini? Resisteranno stringendosi intorno a lui, nei rifugi antiatomici dei social, anzi cresceranno a dispetto dell’assedio e del bombardamento, proprio per reagire indignati all’attacco concentrico e permanente contro di lui; oppure alla fine si stancheranno, cederanno alla pressione potente e multitasking e si rassegneranno all’impossibilità d’incidere, cominciando a trovare nel loro beniamino limiti, errori e difetti? È la scommessa dell’estate e siamo curiosi e ansiosi di saperlo.

Andiamo con ordine. Diciamo guerra mondiale contro Salvini non per il gusto di esagerare ma con precisa cognizione di causa. L’America e la Russia, l’Unione europea e molti suoi stati membri, per non dire l’Africa e i migranti, sono trascinati, mobilitati o coinvolti per castigare Matteo Salvini. Ogni punto in più da lui registrato nei sondaggi è un nemico in più che sorge, un nuovo fronte d’attacco che si apre, un dossier in più contro di lui e il suo partito.

Papi, ong, preti da sbarco e carole da imbarco agiscono compatti con sindacati, partiti e istituzioni per dare la caccia a Salvini senza quartiere. In Italia è una mobilitazione permanente senza precedenti di poteri forti, siluri bassi, indagini di magistrati, perfino ministri degli esteri e della difesa sparati contro di lui in tema di accoglienza e sbarchi, più processi di piazza e prediche da passeggio. Come chiamare tutto questo se non la guerra mondiale contro Salvini? Troppa grazia, vorrei dire, per un Matteo che non è Napoleone. Ma si è creato un fronte che evoca il Congresso di Vienna, la Restaurazione, contro un leader che è appena vice-premier, mica imperatore. Si è sviluppato perfino un romanzo mediatico, una trama narrativa, intorno a Moscopoli, ai leggendari intrecci russo-padani e alla figura mefistofelica di Savoini, cerchiato in rosso a ogni sua apparizione fotografica sullo sfondo di Salvini, Conte o Putin. Savoini è un demone-chiave per la narrazione perché viene usato double-face: come tramite con Putin e i soldi russi ma anche come ponte con Hitler e con l’ideologia razzista. Il Demonio Perfetto; gli troviamo anche un episodio di sessismo e di pedofilia per completare la diavoleria?

Nel frattempo di Salvini leggiamo la sua fiorente attività di opinionista, come se impedito ad agire e governare, sia costretto a esprimere opinioni, faccine, auspici, speranze e deplorazioni. Siamo arrivati a un punto di stallo. Salvini non può procedere con l’attuazione pratica del suo programma sia in tema di migranti, rimpatri e ordine pubblico sia in tema di flat tax, sgravi fiscali, grandi opere e autonomia delle regioni.

È incartato, è bloccato, per metà dai suoi alleati grillini che oscillano tra la voglia di boicottarlo e la comprensione che se segano l’albero su cui sono seduti, cadono per terra e senza appello, a cominciare da Di Maio che si gioca la carriera. E per metà lo bloccano una serie di ostacoli procedurali, istituzionali e sostanziali, posti dai magistrati e dalla burocrazia, col concorso esterno dei mass media. Vogliono sospendere tutto per metterlo sotto processo perché avrebbe preso il posto del Pci nei rapporti con la Russia. Settimo non rublare, gli ricordano gli ex-comunisti che di quei rapporti e dei loro benefici hanno alle spalle una lunga storia. E giù la retorica contro i servi di Mosca, lanciata dai servi moscoviti del giorno prima, più i servi di Bruxelles e della Troika, di Washington e di Parigi, di Berlino e di Pechino.

Ma a parte la scena che tutti abbiamo davanti agli occhi, resta la domanda da cui siamo partiti: dove porterà la guerra mondiale contro Salvini? Sarà davvero in grado di resistere ad assalti così imponenti e così diversificati? Ha la forza, gli uomini, le capacità di essere a lungo solo contro tutti e di ribaltare la situazione? Gli basterà la Meloni più qualche esodo forzista per cambiar verso e ripartire, ammesso che ci faranno votare a breve? Potrà stare ancora a lungo con un alleato che resta con lui solo perché non sa dove andare altrimenti, ma in cuor suo vorrebbe stare contro di lui? E noi possiamo sbrigarcela davanti a ogni botta o attacco contro Salvini dicendo che sarà un boomerang e gli porterà voti? A che vale monetizzare in consensi se poi non puoi spenderli?

Magari a molti di voi dispiacerà questa diagnosi amarognola ma lasciatemi dire quel che percepisco: ho l’impressione che non durerà a lungo il favore per Salvini, perché è legato a troppe aspettative inevase e rimandate. Vero è che l’avversione, l’antipatia accresciuta verso i suoi nemici è un collante formidabile; all’opposizione si può prosperare “contro”, ma al governo no, o perlomeno non a lungo, si deve prima o poi fare qualcosa d’incisivo e di sostanziale.

Continuo a pensare che l’ondata salviniana non sia effimera perché è la traduzione locale di una tendenza storica mondiale, dall’America alla Russia, che chiamiamo populismo e sovranismo, difesa delle identità, dei confini e degli stati nazionali. Ma quando lo vedi solo nell’arena, senza classi dirigenti, senza alleati se non a mezzo servizio o sottobanco, senza un habitat culturale, mediatico e vitale, senza un mondo dalla sua parte, se non un’opinione pubblica, hai l’impressione che a lungo così non possa durare.

MV, La Verità 16 luglio 2019

Tags: SALVINI
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