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Altro che Minibot, in Germania si usa ancora il Marco

di Redazione
14 Marzo 2020
In Attualità
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Altro che Minibot, in Germania si usa ancora il Marco
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Nella maggioranza gialloverde si discute ancora sulla proposta di pagare i debiti della Pa verso i fornitori con i Minibot, titoli di Stato di piccolo taglio, già bocciati dalle massime autorità finanziarie e monetarie europee e mondiali come un peso ulteriore sul nostro, già immane, debito pubblico. 


Da Lussemburgo, dopo la riunione dell’Eurogruppo che raccoglie tutti i ministri delle Finanze, il nostro ministro Giovanni Tria due giorni fa ha bocciato l’ipotesi minibot: “Sono una cattiva idea“.

Lo sono soprattutto perché la loro emissione paventerebbe un’uscita dalla Eurozona, la tanto temuta Italexit, perché di fatto potrebbero costituire una seconda moneta circolante, stavolta “sovranista”, emessa da Bank Italia senza il placet della Banca Centrale Europea, cioè della Germania.

Anche la presidente del Fmi Christine Lagarde, aveva definito lo strumento finanziario dei Minibot “un’idea bizzarra” come pure Mario Draghi, che pochi giorni fa era stato categorico: o sono ulteriore debito, oppure sono una moneta alternativa e quindi illegali.

Tutto in ossequio alla supremazia tedesca, che, come tutti i regnanti, si ritaglia dei privilegi.

Difatti in terra teutonica, il marco tedesco non è scomparso ma continua ad avere validità ed a circolare in Germania: come in altri Paesi europei, esattamente in Estonia, Lettonia, Lituania, Irlanda, Belgio, Lussemburgo, Austria, Slovenia e Slovacchia, la vecchia valuta non conosce “scadenze”
Dal 2002, data di ingresso nell’Euro, la Bundesbank non ha mai smesso di accettare il cambio del vecchio conio che, a differenza di quanto accade con le Lire, può essere scambiato gratuitamente senza limiti di tempo.
Non è un caso unico. Se in Italia il termine ultimo per cambiare le vecchie valute è stato fissato a dicembre 2011, altri nove Paesi dell’unione monetaria hanno scelto di non adottare scadenze.
Si calcola che in Germania mancano all’appello della Banca centrale tedesca 13 miliardi di marchi tra banconote e monete. Ovvero sei miliardi e mezzo di euro, in base al cambio che è rimasto lo stesso del 2001 (1 euro = 1,95 marchi).

Marchi che possono essere ancora accettati in pagamento, con buona pace del FMI e di Mario Draghi.

Se è vero il vecchio adagio monetarista che la cattiva moneta scaccia la buona, forse qui sta la spiegazione per la quale i tedeschi stiano tesaurizzando il vecchio Deutsche mark, e questo non ci lascia certo dormire sonni tranquilli sul futuro della valuta virtuale che è l’euro sin dalla sua nascita.

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