25 aprile sì alle manifestazioni Anpi, ma guai a celebrare un funerale

Il doppiopesismo del Governo ritorna in auge, anche in tempo di Covid-19

Al 25 aprile si potrà presenziare, per compiacere l’Anpi e la sinistra che si è appropriata di una festa che ha fatto divenire sempre più divisiva.

Ma un funerale, per lo più cattolico, proprio no, è inaccettabile.

Questo succede in Italia con la scusa del coronavirus.

Succede di vedere un Carabiniere che è costretto a interrompere un funerale per le regole del distanziamento sociale e di vedere al contempo un Presidente del Consiglio che autorizza assembramenti dell’Anpi per il 25 aprile, una festa politica, politicizzata e laica.

Il Governo si è affrettato a puntualizzare che le celebrazioni del 25 aprile avverranno e l’Anpi sarà coinvolto e non escluso.

Ci mancherebbe, il rito laico e commosso della liberazione d’Italia dal nazifascismo dai partigiani del senno di poi è prevalente su tutto, anche sul buon senso che imporrebbe che vegliardi di tale età dovrebbero stare a casa.

Come devono stare i parenti che non possono nemmeno dare l’estremo saluto ai propri congiunti scomparsi in questi giorni.

Sia la Presidenza del Consiglio, pubblicando quanto sopra sul suo sito.

Ma anche il capo di gabinetto del ministro degli interni con una circolare si è affrettato a blandire le associazioni partigiane che non accettavano di poter tacere il loro livore verso le forze di opposizione anche quest’anno.

Con buona pace delle misure anti Covid19, che a questo punto è solo un’incomoda circostanza del tutto relativa ed insignificante di fronte alla melliflua retorica partigiana da Casa di Carta.

Il funerale interrotto

Al contrario abbiamo avuto notizia di un atto senza precedenti in una Chiesa.

Al funerale c’era troppa gente per la messa funebre, e il parroco è stato redarguito e multato dai carabinieri che hanno fatto irruzione durante l’omelia.

Neppure nel medioevo ci si sognava di violare il diritto di asilo, le Chiese erano un’entità extraterritoriale.

Ma nel 2020 i Carabinieri salgono sull’altare ed intimano all’officiante di sospendere il rito.

È successo lunedì scorso a Soncino (Cremona) nella chiesa della frazione Gallignano dove sono state ‘sorprese’ 13 persone: oltre al parroco che stava celebrando la messa anche un diacono, un organista e tre chierichetti.

Solo tre persone in più del consentito, sia ben chiaro.

Stupore e rabbia da parte del religioso all’irruzione dei carabinieri a cui il prete ha rimarcato che le persone tra i banchi erano “ben distanziati, con tanto di mascherina e guanti com’è giusto che sia”.

Giustificazione che non ha convinto i militari

Essi hanno contestato al religioso una violazione del DPCM in materia di emergenza sanitaria stilando un verbale da 280 euro.

Don Lino Viola non ha voluto sentire ragioni e ha annunciato che chiederà la “grazia” al prefetto.

“In una chiesa di 350 metri quadrati c’erano 13 persone – ha detto il parroco -. Scriverò al prefetto perché le modalità usate dai carabinieri sono inaccettabili”.

Ma il 25 aprile è salvo

Tutti potranno cantare “Bella ciao”, stringendosi o meno, lì le Forze dell’Ordine avranno chiare e perentorie disposizioni di non intervenire.

 

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