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Voglio una società diversa

di Alessandro Scipioni
23 Giugno 2025
In Attualità
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legge
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Voglio una società diversa

Una società fiera dei propri valori, consapevole della propria storia, della propria cultura e capace di difendere ciò che la caratterizza

Serve un’impostazione culturale trasversale, che unisca tutti gli italiani, al di là delle appartenenze politiche di destra o sinistra, purché si abbia a cuore la salvaguardia della nostra Nazione.

Il problema?

La sinistra dei salotti questa realtà non la comprende. Non capisce cosa significhi vivere l’insicurezza generata da un’immigrazione incontrollata e mal gestita. Non capisce cosa significhi subire le tensioni sociali nelle periferie, dover prendere i mezzi pubblici, convivere con episodi di violenza o degrado.

Perché loro, quelli con la casa blindata, i sistemi d’allarme sofisticati, le Tesla nel garage e la possibilità di evitare la metropolitana o i quartieri difficili, non pagano mai il prezzo sociale di certe scelte.

La sofferenza tocca sempre gli altri, i più deboli

Interessantissimo in questo senso l’articolo di Nicola Porro pubblicato ieri su Il Giornale. Porro parte da una constatazione semplice e brutale: i proletari non esistono più, spazzati via proprio da quel mondo ispirato all’edonismo e ai valori radical-chic al quale la sinistra targata Partito Democratico si è ormai aggrappata.

Quanto aveva ragione Pasolini

Aveva intuito che presto tra il ragazzo dei Parioli e quello di borgata non ci sarebbe più stata differenza. Perché sarebbero diventati entrambi semplicemente dei consumatori.

Il grido di dolore di Pasolini nasceva proprio dalla consapevolezza che l’Italia, figlia di una tradizione contadina, legata a valori superiori rispetto al mero consumo e al materialismo, stava per essere distrutta, omologata, svuotata.

Difficile definire Pasolini comunista nel senso marxista del termine: aveva troppa fede, troppa attenzione per l’anima, per accettare fino in fondo il materialismo

Finiti i proletari, finite le battaglie operaie, la sinistra radical-chic ha dovuto trovare un nuovo bacino elettorale. Ed eccolo: i nuovi arrivati, gli immigrati.

Ma qui nasce un problema enorme: gli immigrati spesso continuano a identificarsi esclusivamente con le tradizioni del proprio Paese d’origine. Non accettano, non assorbono i valori del Paese che li accoglie.

Gli Stati Uniti hanno funzionato perché, fino a un certo punto, chi arrivava lo faceva con il sogno di diventare americano.

La politica stessa puntava a questo

Non si creavano comunità isolate, impermeabili, chiuse. Federico Rampini lo spiega benissimo nei suoi libri: l’America ha iniziato a crollare nel momento in cui la sinistra liberal ha rinunciato a quell’ideale comune, riducendo il Paese a una somma di individui, senza radici, senza coesione.

L’Europa sta seguendo lo stesso tragico percorso

Chi arriva oggi in Italia, in Francia, in Germania, troppo spesso viene spinto a rimanere un corpo estraneo, a chiudersi nella propria comunità, a non integrarsi. E questo, paradossalmente, fa comodo proprio a chi dice di volerli rappresentare. Più sono isolati, più sono ostaggio di un voto utile, più sono funzionali a certi equilibri politici. Un calcolo freddo, utilitaristico. Persino idiota.

Perché, diciamolo chiaramente: come può un musulmano serio accettare i valori di una come Elly Schlein?

Davvero pensiamo che chi prega in moschea possa condividere l’ideologia gender, i diritti degli omosessuali, la cultura del divertimento sfrenato, la libertà sessuale? Ce li vedete i più tradizionalisti accettare che le proprie figlie vadano in discoteca in abiti succinti? Oppure che si serva vino a tavola senza problemi?

Tutto questo ha già drammaticamente influenzato la politica estera di Paesi come la Francia, dove intere zone sono diventate inaccessibili, dove la legge dello Stato lascia spazio alla sharia, dove si è arrivati a esentare bambini dallo studio dell’Olocausto per non turbare le loro “sensibilità”.

Sono concessioni assurde, che non fanno altro che impedire un’integrazione vera, basata sui valori comuni

Porro chiude il suo articolo con parole che dovrebbero far riflettere tutti:“Se la sinistra è ormai caduta in questa micidiale trappola, la destra non può permettersi di sbagliare. Da una parte non deve rinunciare alle sue storiche battaglie su immigrazione (i numeri contano), sicurezza e cittadinanza. Dall’altra deve inchiodare la sinistra alla sua storia.

Come fa la sinistra della legge Zan a urlare a favore degli ayatollah?

Come possono i libertari progressisti stare con chi nega diritti di base? Come fanno i pacifisti a sfilare con i razzi di Hamas? Ci si può contrapporre sul bilancio pubblico, ma dividersi sui principi fondanti dell’Occidente è un crimine. Pensare all’esistenza di musulmani moderati come freno a questa deriva è come credere che il marxismo sarebbe stato frenato dall’opulenza dei salotti milanesi.”

Il nostro dovere oggi è chiaro: creare una società che difenda davvero i valori della nostra democrazia, della nostra civiltà europea, della nostra cultura

Dobbiamo avere il coraggio di integrare chi vuole integrarsi, ma anche la determinazione di respingere chi rifiuta i nostri valori. Non possiamo permettere che il multiculturalismo esasperato distrugga la nostra identità. Senza identità, non c’è comunità. E senza comunità, non c’è nazione.

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Tags: DESTRAIMMIGRAZIONEIN EVIDENZAOCCIDENTEPARTITO DEMOCRATICO
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