Un’utopia impossibile: quel grande centro che non esiste e non ha chances

grande centro

Il grande centro in questo paese è una pura utopia. Non ci sono le condizioni per la creazione di un progetto che raccolga Azione di Calenda, renziani e per forza di cose il mondo berlusconiano. Il campo della federazione andrebbe, a grandi linee ristretto a questi tre.

Sarebbe assurdo per chiunque perdere tempo ricercando le varie sigle di partitini che si richiamano al centro, che ormai sono poco più di associazioni personalistiche. Il problema sarebbe trovare un grande federatore di queste realtà. Non necessariamente un leader, poiché la storia del centro della politica italiana ha trovato fortuna sempre solo ed esclusivamente quando questo puntava su un partito strutturato, dove venivano federate leadership locali.

Chiaramente nella fase del maggioritario e con la democrazia diretta, in parte l’assenza di un leader di richiamo è stato un handicap notevole. Ma comunque, almeno a livello locale, il radicamento di solidi amministratori ha sempre pagato.

La potenza della DC

La forza della balena bianca stava nel partito, nella struttura partito, nella concertazione tra le varie anime interne. Non certo in leaders nazionali particolarmente forti.

Anche poiché, anche leadership più forti della DC, non sono mai riuscite ad imporre se stesse nell’attesa proporzione e nella stessa portata dei leader dei partiti attuali, molto più personalistici. Ed è proprio il leaderismo a creare un problema di fondo, per l’eventuale rinascita di un grande centro.

Innanzitutto i tre partiti attorno ai quali dovrebbe ruotare principalmente l’operazione, sono partiti leaderistici, privi di un vero federatore.

Tutto il mondo berlusconiano non riesce ad esprimere praticamente niente quando si prova ad affrancare da Silvio Berlusconi. Poiché Berlusconi non ha mai permesso la nascita di una classe dirigente che potesse metterlo in discussione. In questo sta il punto di forza ed il punto debole del berlusconismo: esso non è in grado di sopravvivere al suo fondatore.

Ma neanche la mentalità del fondatore potrebbe ammettere un partito dove lui non è il leader indiscusso.
Berlusconi in questo si sente veramente l’unto del Signore. Lui potrebbe lasciare spazio a un altro solo quando avrà lasciato questo pianeta. Augurandogli ogni bene comunque, non è pensabile che la sua creatura possa non frammentarsi senza aver gettato le condizioni di una successione stabile .

Renzi è il peggior ostacolo a se stesso

La mentalità di Renzi da questo punto di vista è ancora peggiore. Lui è il peggior ostacolo a se stesso. È un uomo che vive di assoluto protagonismo, che sicuramente ha nel suo partito una classe dirigente preparata. Ma che non potrebbe mai stare in disparte.

Sembra calzata per lui l’asserzione nel film Barry Lyndon in cui il narratore dice che le forze e le qualità che portano un uomo ad accumulare una fortuna sono le stesse che poi lo portano a perderla. Renzi è troppo malato di leaderismo per creare qualcosa che sopravviva a se stesso.

L’unico, anche se nel caso sarebbe insufficiente, dovrebbe essere quindi Calenda. Il quale comunque non sembra per ora disdegnare la tentazione di creare un partito del leader.

Sarà probabilmente sulle eccessive frammentazioni, acuite dal leaderismo che naufragherà qualunque tentativo di andare incontro ad un passato che non può tornare.

 

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