Unipol in sciopero. Anche i comunisti piangono, o frignano

unipol

Unipol, banca di sinistra (quella della sinistra è MPS, non ci confondiamo) ha preso una decisione, oserei dire, normale. È finita l’emergenza sanitaria e quindi, Santa Susina, si torna a scuolina. In questo caso, basta smart working e da domani tutti in ufficio.

Non lo avessero mai fatto. Praticamente è lesa maestà. I sindacati sono sobbalzati dalle loro poltrone di pelle, facendo pure versare lo champagne dai bicchieri di cristallo. È partita subito una lettera al direttore di Unipol dove si accusa che si sentono “in dovere di inviarle questa lettera aperta perché, con grande rammarico, non riconosciamo più l’azienda per cui da anni lavoriamo”.

Sì, insomma, il lavoro vero ha destabilizzato i nostri sinistri amici che si erano abituati alla comodità di casa (magari a stipendio pieno, facile eh?). E quindi i sindacati di sinistra sono corsi in soccorso dei bighelloni di sinistra contro il datore di lavoro. Di sinistra. Neanche Kafka avrebbe saputo architettare una trama così intricata.

Da lunedì prossimo sono previsti una serie ben studiata di scioperi a scacchiera, fino ad arrivare ad uno stop generale.

Il tutto questo perché la compagnia d’assicurazioni e banca preferite dalla sinistra ha preso “una deriva decisionista inaccettabile”. Praticamente obbligare i lavoratori a lavorare nel posto di lavoro è roba da fascisti.

Dai miei pallidi e lontani ricordi di studio, i sindacati dovrebbero tutelare i diritti dei lavoratori. Dei lavoratori, appunto…

 

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