Una gioventù fragile, in cerca di luce, in pellegrinaggio da Papa Leone XIV
A Tor Vergata, in questo incontro d’estate, tra il Papa e i tanti Giovani accorsi da tutto il mondo, è accaduto qualcosa di profondamente straordinario.
Un’umanità fresca e vibrante si è radunata in silenzio e preghiera per l’ultimo giorno del Giubileo dei Giovani, accolti dallo sguardo di Papa Leone XIV, e dalle sue parole
Una su tutte, che a pronunciarla crea quasi imbarazzo, che raramente trova spazio nei grandi palchi: la FRAGILITÀ.
Una parola che i ragazzi oggi temono ma che conoscono molto bene.
La sentono sotto pelle, nelle notti inquiete, negli amori che non durano, nella solitudune reale e nella socialità virtuale, nei messaggi non inviati e quelli che restano senza risposta, nelle aspettative deluse e deludenti che pesano come zaini troppo pieni da portare sulle spalle.
Fragilità che spesso cercano di nascondere, travestire, truccare, combattere, ma che, davanti a un mare di ragazzi, l’Uomo vestito di bianco, ha chiamato per nome, rappresentandola come un DONO
“La fragilità non è un difetto, è parte della meraviglia che siamo”, ha detto Papa Leone nell’omelia, rivolgendosi a quei cuori pulsanti con parole semplici e rivoluzionarie.
“Pensiamo all’erba di un prato, esile, vulnerabile, soggetta a piegarsi, seccarsi, ma che si rigenera, stagione dopo stagione. Anche d’inverno, quando tutto sembra dormire, la vita pulsa sotto terra, pronta a esplodere in primavera”.
Un’immagine cosi potente, che i giovani hanno ascoltato e recepito con occhi commossi e cuori spalancati.
Perché in un tempo che li vuole performanti, invincibili, vincenti a tutti i costi, riconoscersi fragili è un atto rivoluzionario e di grande coraggio.
Significa smettere di correre per compiacere, per farsi accettare, per sentirsi all’altezza
Significa fermarsi, ascoltarsi, piangere, per poi guarire.
E magari scoprire che proprio lì, in quella crepa dell’anima, abita la luce.
A Tor Vergata non c’è stata solo una Messa.
È stata una dichiarazione collettiva d’amore per ciò che è imperfetto, vero, umano.
C’è stato un canto sussurrato da milioni di voci che chiedono di essere viste, non per ciò che fanno, ma per ciò che sono, per il solo fatto di esistere
E forse è proprio da qui che si riparte, dall’immagine di un campo pieno di giovani stanchi di fingere, pronti a rifiorire. Anche nella fragilità, anche dalle fragilità. Grazie all’Uomo vestito di bianco, le cui parole, anche per chi non crede, sono salvifiche e fanno breccia in ogni cuore, poiché piene di amore e umanità.
“Voi siete il segno” ha detto Prevost al milione di ragazzi che hanno partecipato alla celebrazione, “che un altro mondo è possibile, un mondo di amicizia in cui i conflitti non vengono risolti con le armi ma con il dialogo”
Il pellegrinaggio dei giovani continua, la prossima Giornata Mondiale della Gioventù si svolgerà a Seoul nel 2027 dal 3 all’8 agosto.
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