Un “Buon Natale” europeo tra tradizione e xenofobia

Natale

Una discutibile ondata politically correct di derivazione statunitense ha introdotto l’usanza di sostituire il tradizionale augurio di Natale Merry Christmas con un più asettico ed “accettabile” Happy Holidays.

Persino l’Unione Europea aveva dettato linee guida tese ad azzerare la tradizione e non nominare più il Natale. Salvo poi rimangiarsi tutto per l’impopolarità del provvedimento.

Per adesso, almeno.

Un’inversione di tendenza che dovrebbe far riscoprire il valore tradizionale della Festa per antonomasia. Ma che sta anche evidenziando in tutto il mondo occidentale un contrasto insanabile della dimensione politica che essa riveste.

Il Natale è alle porte, al di là del suo significato religioso, da qualche anno a questa parte si sta colorando di portata politica sempre più dirompente. Presepi negati, testi stravolti, Bambinelli in barconi e pretesi come “profughi”, quali di fatto non erano.

Questo è lo scenario cui stiamo assistendo in quel periodo dell’anno che, tra Sol Invictus e Saturnalia ha sempre coinciso in Europa con un periodo invernale di festa.

Ma da almeno un decennio ormai l’immigrazione domina la nostra vita quotidiana e discussione politica. Permea le nostre abitudini con i suoi esodi epocali e la forzata, e per nulla scontata, convivenza di diverse culture e religioni in regioni del mondo, come la nostra, ove la tradizione cristiana pareva scontata.

La xenofobia

I più illuminati, coloro che orwellianamente ritengono che mutando il linguaggio si possa mistificare anche la realtà, hanno presto tacciato un comprensibile atteggiamento di prudenza verso tali fenomeni migratori con il termine di xenofobia. Una “paura dello straniero”; composto da ξένος, xenos, “straniero” e φόβος, phobos, “paura”).

Una paura, che a ben vedere paura non è, ma racchiude quel senso dispregiativo ricercato per poter ostracizzare il sentimento che ne è alla fonte.

Tali orientamenti politici hanno opposto un’apertura alle nuove culture, che sfiora il disconoscimento della propria e l’abdicazione dei propri valori a quelli dei nuovi arrivati.

Per il timore di turbare la coscienza dei nuovi “ospiti”, si è paradossalmente predicato di nascondere le proprie tradizioni sotto il tappeto, persino il Natale. Quasi fossero subordinate e perdenti per il solo motivo di essere secolari, con un duplice risultato. Un livellamento culturale globalista, che ci inquadra tutti uguali in un eterno presente e quasi apolidi, privi di storia e cultura. Unitamente ad un appassimento e ridicolizzazione del sentimento tradizionale, con la conseguente perdita di punti di riferimento ed imbarbarimento delle coscienze.

Di contro, altri sostengono una visione che ha ravvisato nell’immigrazione selvaggia il problema cardine della innegabile crisi economica e valoriale che il mondo occidentale sta attraversando, concretizzando in tale fenomeno ogni propria frustrazione e fallimento.

L’Italia, nella suo anelito di “modernizzazione” non è da meno, e si divide ormai, come di consueto, in fazioni agguerrite e contrapposte.

Buonisti e cattivisti anche per Natale

Di qui la dicotomia tra buonisti pro immigrazione, laici di antica data, che vedono una ghiotta possibilità di cancellare i simboli cristiani cattolici con la scusa del rispetto verso le altre confessioni. Ma non si avvedono di come di fatto accettino inconsciamente una visione teocratica addirittura più spiccata di quella che stanno combattendo. Nell’altro angolo i cattivisti anti immigrazione, che nulla accettano del nuovo arrivato, lo vogliono fuori dal paese, o se proprio necessario, mimetizzato negli usi e costumi del paese di arrivo, chiedendogli di rinnegare la propria storia.

La campana che scandisce i round tra tali combattenti suona ogni giorno, tra colpi più  meno bassi e sempre più provocatori, si perpetua lo scontro che non vede ad oggi vincitori.

Forse perché gli strumenti lessicali non ci aiutano ad un reale inquadramento delle parti in causa.

Più che di buonisti e cattivisti (tacciati dalla vulgata dominante ad ogni piè sospinto di essere”razzisti”) personalmente propongo un nuovo linguaggio. Di parlare di xenoentusiasti, racchiusi nella loro miope dissociazione che non permette loro una lettura reale dei problemi che un’immigrazione senza controllo comporta (basta leggere con occhio sereno le statistiche delle nazionalità dei reati commessi in Italia). E di xenoscettici, ingenuamente convinti che l’ arresto di detta immigrazione sia la panacea di una crisi economica culturale e valoriale ben più profonda, la cui genesi è da ricercarsi dalla contestazione in poi, che ha sistematicamente eroso i principi su cui si fonda la nostra cultura.

Il risultato è che noi, tutti noi, chiusi come siamo nel nostro beato, rassicurante  e panciuto cerchiobottismo, non abbiamo più la coscienza della nostra cultura.

E siamo per questo incapaci di interfacciarci con le altre, discernendo il buono dal cattivo che portano.

Pencoliamo tra un “fuori tutti” a un “siamo tutti stranieri”. Essere Ultrà di una o dell’altra tifoseria determina solo l’appiattimento e la standardizzazione, che è la regola di chi disconosce la Storia, intesa come cultura. Ma anche come monito di ciò che è già successo e ciclicamente si ripropone e riprorrà.

Privi della coscienza e del rispetto per i nostri valori e tradizioni, non avremo mai gli strumenti per apprezzare e rispettare le culture altrui.

E allora, uno scorretto e benefico Buon Natale ci salverà. Giunga a tutti noi, con la sua antica forza innovatrice, a colmare le sedie che, intorno alla nostra tradizionale tavola, negli anni inevitabilmente si sono svuotate dei nostri cari di altre generazioni. Quelle che, senza farsi troppe domande, partecipavano gli uni alle feste degli altri, senza chiedersi se questo fosse rispettoso e politicamente corretto.

Buon Natale.

 

Leggi anche: https://www.adhocnews.it/caro-mario-monti-uninformazione-democratica-non-cera-nemmeno-ai-tuoi-tempi-video/

www.facebook.com/adhocnewsitalia

SEGUICI SU GOOGLE NEWS: NEWS.GOOGLE.IT

Exit mobile version