Tutti intorno a Grandi

L'ex ambasciatore nel Regno Unito, divenne un punto di riferimento per i dissenzienti

sicilia

A un certo punto in Sicilia la cosa più grave non fu lo sbarco degli alleati, ma la scarsa combattività dei reparti militari italiani nel difendere un pezzo d’Italia. Già Pantelleria che avrebbe dovuto essere per Mussolini la Stalingrado del Mediterraneo, aveva ceduto dopo brevissima resistenza. Dove su 11400 soldati presenti ci furono meno di 60 morti e tutti gli altri si diedero prigionieri. Ora solo i tedeschi difendevano efficacemente la Sicilia.

I dissenzienti del regime iniziavano a sperare in una pace agognata.

È lo stesso Dino Grandi ad ammettere nella sua vera: “25 luglio. 40 anni dopo”, che la visione che animava la sua azione era non solo quella di sganciare l’Italia dalla Germania. Ma anche di iniziare a combattere attivamente i tedeschi sperando di convincere gli Alleati a rinunciare imposizione al paese di una resa incondizionata che avevano deciso a Casablanca. Sfruttando il fatto che l’Italia stava attivamente combattendo il nemico comune.

In sostanza un rocambolesco tentativo di cambio di schieramento che aveva lo scopo, se non di annullare le conseguenze nefaste della catastrofe militare (cosa in quel momento impossibile), quantomeno di attenuarle.
L’Italia non avrebbe potuto sperare di sedere realisticamente al tavolo dei vincitori, ma avrebbe potuto limitare i danni della sconfitta.

Grandi cercava di giocare la carta della dimostrazione agli anglosassoni che il popolo italiano voleva liberarsi con le proprie forze dalla Germania. Sperando di ottenere il loro appoggio ed affrancando la nazione italiana dal regime mussoliniano. In sostanza assolvendo il paese, amministrando de facto una buona parte dei fascisti dissenzienti, e lasciando sul banco degli imputati solo Mussolini e pochi intransigenti.

Un’operazione che ricordava la strategia di Talleyrand a Vienna

In fondo Dino Grandi era un profondo conoscitore del mondo anglosassone. Aveva rivestito per anni l’incarico di ambasciatore in Inghilterra. Era estremamente apprezzato alla corte reale britannica, dunque conosceva molto bene le divisioni anche tra le potenze alleate.

Sapeva benissimo che americani ed inglesi non vedevano di buon occhio i russi, che la loro alleanza era solo momentanea.

Sapeva bene che i paesi vinti in futuro avrebbero comunque rappresentato dei potenziali alleati, e voleva schierare l’Italia dove da ministro degli esteri l’aveva sempre voluta: a fianco degli anglo-americani.

 

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