Trump, Zuckerberg e le notizie che decidono la politica al posto nostro

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Trump, Zuckerberg e le notizie che decidono la politica al posto nostro

Negli ultimi giorni sono usciti due articoli molto diversi tra loro, ma che in realtà parlano della stessa cosa: quanto le informazioni – vere, false o distorte – possano influenzare la politica più delle idee o dei programmi.

Il primo riguarda Donald Trump, che ha deciso di querelare il Wall Street Journal per un articolo che racconta di una lettera “oscena” inviata da lui a Jeffrey

Epstein per il suo compleanno. Il contenuto?

Un presunto disegno di una donna nuda e parole poco eleganti. Trump ha smentito tutto, parlando di una bufala basata su fonti inesistenti. Ha detto chiaramente: “Non è il mio stile, non sono le mie parole.”

Il secondo caso riguarda Mark Zuckerberg, che ha trovato un accordo da 8 miliardi di dollari con gli azionisti di Meta per evitare un processo legato al famoso scandalo Cambridge Analytica. In quel caso, i dati personali degli utenti di Facebook erano stati usati per influenzare il voto degli americani nel 2016, anno in cui Trump vinse le elezioni. Anche lì, molte informazioni erano state manipolate per orientare le scelte degli elettori.

Due storie, una domanda: chi controlla le informazioni?

In apparenza sembrano due vicende opposte: in una Trump si sente attaccato da una stampa irresponsabile, nell’altra si accusa Zuckerberg di non aver fatto abbastanza per fermare la disinformazione.

Eppure, entrambe ci pongono la stessa domanda: chi controlla oggi le informazioni che guidano la nostra opinione pubblica?

La risposta è scomoda: spesso, nessuno. Le notizie corrono veloci, rimbalzano sui social, si semplificano fino a diventare titoli da clic. Ma dietro quei titoli ci sono effetti reali: reputazioni rovinate, elezioni influenzate, cittadini confusi.

Informare o intrattenere?

Il problema è che oggi l’informazione ha perso un po’ la bussola. Invece di aiutarci a capire cosa succede nel mondo – e cosa propongono davvero i politici – spesso preferisce puntare sullo scandalo, sull’emozione, sulla notizia “che fa rumore”.

Per esempio: chi ha spiegato davvero, in modo chiaro e semplice, cosa comportano i dazi imposti negli ultimi anni dagli Stati Uniti?

Pochi. Eppure quelle scelte hanno avuto effetti diretti su lavoratori, aziende, prezzi. Se gli elettori fossero stati informati meglio su questo tema concreto, forse avrebbero valutato diversamente alcune decisioni politiche. Non per cambiare il voto, ma per farlo in modo più consapevole.

Scegliere con la testa, non con i titoli

Non si tratta di difendere un politico o accusarne un altro. Si tratta di una cosa semplice, ma fondamentale: ridare all’informazione il suo vero ruolo, quello di aiutare le persone a capire la realtà. Non a deformarla, non a usarla come arma, e nemmeno a renderla uno spettacolo.

La democrazia si basa sul giudizio libero dei cittadini. Ma per essere davvero libero, quel giudizio ha bisogno di basi solide: fatti, contesto, verità

Il voto dovrebbe essere informato e non influenzato e questo è un problema del quale il presidente Trump sembra essere vittima di se stesso e non solo lui.

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