Toscana, il rischio della de-industrializzazione: senza visione l’eccellenza produttiva scivola verso il declino
La Toscana, una delle regioni simbolo del Made in Italy, sta attraversando una fase delicata che va oltre la normale ciclicità economica e assume sempre più i contorni di una crisi industriale strutturale.
Mentre il turismo continua a sostenere parte dell’economia regionale e a migliorare alcuni indicatori macro, la manifattura — cuore storico della ricchezza diffusa toscana — mostra segnali evidenti di affanno
Produzione in calo, ordini che rallentano,export sotto pressione e un utilizzo crescente degli ammortizzatori sociali delineano uno scenario che non può più essere letto come temporaneo.
Il settore moda, in particolare, lancia da mesi un grido di allarme che trova spazio anche nei principali editoriali economici nazionali.
Tessile, abbigliamento, pelletteria e calzature rappresentano una quota rilevantissima dell’occupazione e del valore aggiunto regionale, ma oggi sono tra i comparti più colpiti. I distretti di Prato, Santa Crocesull’Arno, Arezzo e del Casentino vivono una crisi che dura ormai da diversi trimestri consecutivi, con migliaia di piccole imprese in difficoltà e una filiera che rischia di perdere competenze costruite in decenni di lavoro
Ma la moda non è l’unico settore in sofferenza. Anche la meccanica, il cartario, l’oreficeria e altri comparti manifatturieri mostrano segni di rallentamento, aggravati da fattori esterni come l’aumento dei costi energetici, le tensioni sui mercati internazionali e il rallentamento della domanda globale.
A tutto questo si somma un problema interno: l’assenza, negli ultimi anni, di una vera politica industriale regionale capace di accompagnare la trasformazione dei distretti, investendo con decisione su innovazione, dimensione d’impresa,internazionalizzazione e capitale umano
Le misure finora adottate, pur importanti, appaiono spesso frammentate e orientate alla gestione dell’emergenza più che alla costruzione di una strategia di lungo periodo.È qui che emerge con forza la necessità di un cambio di passo.
La Toscana ha bisogno di tornare a essere visionaria, non in senso astratto, ma industriale e concreto. Visione significa smettere di affrontare la crisi per comparti isolati e iniziare a ragionare in termini di sistema produttivo integrato
In questo contesto, diventa centrale il tema delle sinergie. La contrapposizione tra grande industria e piccole e medie imprese non è più sostenibile. Al contrario, proprio la diversità tra questi mondi può trasformarsi in una leva di rilancio.
Le grandi aziende dispongono di struttura, capitali, accesso ai mercati internazionali e capacità di investimento; le PMI rappresentano flessibilità, specializzazione, creatività e radicamento territoriale. Mettere in relazione queste due dimensioni non significa snaturarle, ma rafforzarle entrambe.
Anche le associazioni di rappresentanza sono chiamate a un salto culturale.
Costruire alleanze operative tra realtà come Confindustria e Conflavoro PMI, che rappresentano imprese con dinamiche diverse ma complementari, può diventare un moltiplicatore di opportunità. Unendo le forze è possibile sbloccare indotti oggi ingolfati, creare filiere più robuste, condividere strumenti per l’export, la formazione, la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica
L’unione, in questo caso, non è uno slogan, ma una necessità economica.
Non siamo più nell’epoca in cui bastava intervenire su un singolo settore per risolvere una crisi. Oggi la competitività passa dalla capacità di fare rete, di internazionalizzarsi, di attrarre investimenti, di esternalizzare ciò che non è strategico e rafforzare ciò che lo è.
Serve una visione che sia insieme impulso e acceleratore, capace di rimettere in movimento un tessuto produttivo oggi in stallo
La Toscana si trova di fronte a un bivio: continuare a gestire il declino pezzo per pezzo oppure scegliere di ricostruire una politica industriale moderna, fondata sulla collaborazione, sulla complementarità tra imprese grandi e piccole e su una strategia condivisa di sviluppo. Dal coraggio di questa scelta dipenderà non solo il futuro dell’industria regionale, ma la capacità della Toscana di restare un protagonista credibile nell’economia italiana ed europea.
