Toscana, garantismo a targhe alterne

Toscana, garantismo a targhe alterne

Questa volta non c’entrano gli scudi verdi: la Toscana finisce di nuovo sotto i riflettori per un’inchiesta che intreccia politica e affari. Adesso tocca a Ilaria Bugetti, sindaca di Prato, eletta appena un anno fa e candidata forte del centrosinistra, recentemente raggiunta da un avviso di garanzia per presunta corruzione.

Secondo la Procura, un imprenditore tessile avrebbe finanziato la sua campagna elettorale in cambio di favori

Lei respinge ogni accusa, si dice serena e rivendica il diritto – sacrosanto – alla presunzione d’innocenza.

Chi è liberale e proviene da una cultura liberal-democratica non può che essere garantista e sperare che la Bugetti sia realmente estranea ai fatti imputati, perché a vincere devono essere le idee, non certo gli scandali.

Ma proprio qui casca l’asino – o meglio, il PD con contorno di stelle cadenti. Infatti, qualcuno dei nostri elettori più attenti ricorderà che solo un anno fa, quando il governatore ligure Giovanni Toti finì ai domiciliari, le stesse forze politiche che oggi invitano alla prudenza e al rispetto delle regole – PD e M5S in primis – furono tra le prime a chiederne le dimissioni immediate, con toni ben più infuocati

Allora non c’era tempo per aspettare i giudici; oggi invece sì. Come disse qualcuno: le regole si interpretano per gli amici e si applicano ai nemici. E ultimamente, questo sembra essere diventato il modus operandi del “campo largo”.

È il solito garantismo intermittente, che cambia colore a seconda di chi finisce sotto indagine.

In Toscana, dove tra pochi mesi si voterà per le Regionali, l’imbarazzo è palpabile

La linea difensiva è tutta istituzionale, ma l’eco della doppia morale non si può ignorare.

La magistratura farà il suo lavoro, e Bugetti – come Toti – ha diritto a difendersi. Ma la politica, se vuole essere credibile, dovrebbe almeno sforzarsi di usare lo stesso metro con tutti. Altrimenti, più che garantismo, sembra solo opportunismo

Ma in Toscana, si sa, il PD è immune anche agli scandali: può contare su un 35% di base elettorale disposto a votare perfino il cavallo di Caligola. E nel nostro caso potremmo, più modestamente, dire… il somaro di Giani (ovviamente non riferito al Presidente della Regione).

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