Tanto rumore per nulla: le Regionali 2025 e l’illusione del “campo largo”

ELEZIONI REGIONALI

Tanto rumore per nulla: le Regionali 2025 e l’illusione del “campo largo”

Le elezioni regionali di quest’anno hanno offerto uno scenario che, al netto delle narrazioni trionfalistiche, parla in modo estremamente chiaro. In Italia si è votato in sei regioni: Toscana, Marche, Calabria, Veneto, Puglia e Campania.

E la verità è semplice: le regioni che erano di centrodestra sono rimaste al centrodestra, e quelle che erano di centrosinistra sono rimaste al centrosinistra

Di fronte a un quadro così lineare, l’esultanza della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, appare più un esercizio di demagogia di partito che una valutazione basata sui fatti. Si può davvero parlare di vittoria quando nessun equilibrio politico è mutato?

Il mito del campo largo

Nelle settimane precedenti al voto si era alimentata l’idea che il “campo largo” potesse rappresentare una svolta, una nuova coalizione capace quantomeno di mettere sotto pressione il governo Meloni e di strappare una regione simbolicamente importante come le Marche.

Ma la riconferma di Francesco Acquaroli ha congelato ogni entusiasmo: il centrodestra ha tenuto dove già governava, e il centrosinistra ha semplicemente mantenuto Puglia e Campania — le stesse regioni che aveva perso nel 2022 nonostante fossero governate da suoi esponenti.

Di fatto, nessuna inversione di tendenza. Nessun colpo di scena. Nessun segnale reale di cambiamento.

I sondaggi: un contesto ancora più sfavorevole

Se le urne hanno restituito un pareggio mascherato da “vittoria”, i sondaggi nazionali non lasciano spazio a interpretazioni ottimistiche: il “campo largo” continua a viaggiare su percentuali complicate, e le rilevazioni confermano che oggi Giorgia Meloni vincerebbe le elezioni con un margine ancora più ampio rispetto al 2022.

In questo contesto parlare di “successo” appare quantomeno ardito.

Tanto sforzo, pochi risultati

Costruire un nuovo schieramento politico richiede compromessi, bocconi amari e un enorme dispendio di energia. Ma alla fine di un percorso così complesso, la domanda inevitabile è una sola:che cosa è cambiato?

La risposta, per ora, è semplice: nulla.
Tutto è tornato esattamente al punto di partenza

E il pareggio — perché di questo si tratta — non può essere presentato come una risposta entusiasmante, né per chi guida il Partito Democratico, né per chi crede nel progetto del “campo largo”.

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