Strage in Nuova Zelanda: si riaccende il problema della convivenza

Quello che è successo in Nuova Zelanda non trova alcuna giustificazione e non può essere che attribuito al delirio di un folle. Un massacro che riapre brutalmente gli occhi sul problema della convivenza religiosa all’interno di società che, irreversibilmente, diventano sempre più multiculturali.

Ci sono stati momenti, senza scomodare un passato troppo remoto, in cui la convivenza era possibile. Esisteva una cultura dominante, certo e non si può affermare che la convivenza filasse del tutto liscia tra le pieghe dei disegni politici delle potenze ma lo Stato era tollerante. Dentro i confini dell’Impero Austro-Ungarico convivevano 11 etnie differenti, di credo ortodosso, ebraico, cattolico, protestante e musulmano. Proprio i musulmani combatterono per la cattolica Austria. Sembra paradossale ma anche nell’Impero Ottomano le minoranze cristiane erano tollerate ed i cristiani potevano raggiungere ruoli di rilievo nell’Impero. Per tornare a tempi più recenti, il vicepresidente di Saddam Hussein era un cristiano: Tarek Aziz.

Gli stati che sembrano aver affrontato meglio la convivenza multietnica sono quelli dove i valori della maggioranza sono solitamente rappresentati nei governi e dove ci si preoccupa sempre meno di nasconderli. Nell’ultimo quarto di secolo abbiamo assistito al trionfo di Stati guidati da relativismo morale, accantonamento dell’asset di valori fondamentali ed una sempre maggiore messa in ombra delle maggioranze, verso un multiculturalismo sempre più forzosamente amplificato ma mai risolto in maniera coerente ed organica nè tantomeno supportato da opportune politiche legislative.

Oggi dobbiamo constatare che questo modello di convivenza sta creando inquietanti voragini nella società, sulle quali è necessario riflettere. Torna alla mente Anders Behring Breivik ma tornano anche alla mente i brutali massacri di matrice islamica. “Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l’arte di vivere come fratelli” scrisse Martin Luther King. Alcuna frase sarebbe oggi più  attuale di questa.

La Nuova Zelanda è oggi uno Stato che può contare su una solida democrazia, basata sul modello anglosassone. E questo è il punto più rilevante della questione: il fatto che ci sia uno stato che consideri quel gesto criminale e che la stragrande maggioranza delle persone lo consideri opera di un folle.

Quello che più di tutti inquieta è che ci siano invece stati dove le comunità cristiane vengono perseguitate, che tali gesti non siano considerati folli ma al contrario degni della più profonda considerazione, quando non supportati apertamente dai governi.

Le risposte che daremo al problema della coesistenza segneranno in un senso o nell’altro il destino delle nostre democrazie.

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