Spaccia cocaina con la Porsche di proprietà mentre incassa il reddito di cittadinanza. Ecco a voi i grandi risultati della politica 5 Stelle

Spacciava la droga con la Porsche di proprietà e incassava il reddito di cittadinanza. Paolo Nastasi, 41 anni, di Floridia, nel Siracusano, è uno dei 982mila percettori del sussidio grillino e ieri è stato fermato dagli uomini della Guardia di Finanza al volante della sua Macan, la piccola di casa Porsche. Piccola nelle dimensioni ma non nel prezzo, visto che a comperarla nuova ci vogliono almeno 64mila euro.

Le Fiamme gialle, come riporta Libero Quotidiano, hanno tratto in arresto Nastasi dopo averlo trovato in possesso di 120 grammi di cocaina, nascosta a casa nei doppi fondi ricavati nelle comuni lattine di bevande e perfino in un estintore. Lo spacciatore aveva con sé 600 euro in contanti, mentre altri mille, in biglietti di piccolo taglio, sono stati trovati sempre nella sua abitazione.

A guidare i finanzieri nella perquisizione è stato un cane antidroga che ha fiutato la cocaina immediatamente, svelando nascondigli che diversamente sarebbe stato molto difficile scoprire.

Non si tratta del primo caso di un pusher scoperto a incassare il sussidio di cittadinanza. Alla fine di agosto i carabinieri avevano tratto in arresto ad Acerno, nel Salernitano, uno spacciatore che aveva dichiarato di essere nullatenente, riuscendo a percepire la misura fortemente voluta da Di Maio e compagni. In quel caso a scoprire la truffa era stato il Gip, dinanzi al quale il truffatore era comparso per la convalida del fermo.

Solo due casi fra i tanti che stanno emergendo soprattutto al Sud, dove si concentra oltre la metà dei percettori.

Ma probabilmente si tratta solo della punta dell’iceberg, visto che da un controllo a campione condotto sempre dalla Guardia di Finanza, è emerso che il 70% circa dei 4mila beneficiari non aveva diritto a incassare i denari percepiti. In alcuni casi la cifra è stata rivista al ribasso.

Parecchio al ribasso. In altri, invece, i finanzieri hanno verificato che i furbacchioni non avevano diritto a ricevere neppure un centesimo, vista l’entità di beni e attività occultate nella dichiarazione presentata. La fenomenologia delle truffe è molto varia e va dalla falsificazione dell’Isee, l’indicatore della situazione economica del nucleo familiare, fino all’occultamento di beni mobili e immobili. Non sono pochi neppure i beneficiari scoperti a condurre attività lecite o illecite. Svolte naturalmente completamente in nero.

Dunque il milione scarso di italiani che sta incassando sulla Card elettronica il sussidio grillino rischia di incudere una percentuale elevata di truffatori. Per smascherarli però occorre tempo perché le banche dati pubbliche e private non dialogano le une con le altre. E rendono di fatto impossibile l’incrocio dei dati indispensabile per scoprire quanti non avrebbero diritto a un cent di sussidio.

A preoccupare è anche un altro fenomeno emerso di recente: su dieci percettori convocati dai centri pubblici per l’impiego perché in possesso – sulla carta – delle caratteristiche per essere avviati al lavoro, appena uno si è presentato sottoscrivendo il «patto per il lavoro». Sui 700mila considerati occupabili, appena 70mila sono stati «profilati», come si dice nel gergo dei selezionatori. Dei rimanenti 630mila si sa poco o nulla.

Non rispondono alle lettere di convocazione. Spesso non si fanno trovare neppure al telefono, quando non si scopre che nella domanda hanno indicato il cellulare di parenti, affini, o addirittura conoscenti occasionali. La fretta di Di Maio e compagni di concedere il sussidio prima delle elezioni Europee della scorsa primavera non ha consentito di mettere a punto un meccanismo minimamente affidabile per i controlli. I risultati si vedono. E siamo soltanto all’inizio.

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