Sono 2 mesi che non mi levo dagli occhi e dalla testa quell’immagine orrenda di Charlie Kirk colpito al collo, il fiotto di sangue.
Giovane marito, giovane padre, aveva solo 31 anni
Era nei fatti il leader dei giovani conservatori americani, odiato dalla sinistra woke per le sue idee controcorrente.
Voce ascoltatissima tra i repubblicani e astro nascente della galassia MAGA.
Nel 2012, a soli 18 anni, aveva fondato “Turning Point USA” organizzazione con l’obiettivo di dar voce ai giovani conservatori nelle università americane spingendoli a mettere le idee davanti alla paura
È stato l’artefice di un cambio di prospettiva radicale: fino a qualche anno fa non sarebbe stata neanche pensabile una penetrazione così forte tra i ragazzi del messaggio repubblicano.
Era la voce che si alzava quando tutti preferivano abbassarla.
Era fantastico, Charlie Kirk.
Un diamante
Non solo per il merito delle sue idee, così vicine a quelle di tanti di noi: credeva nel governo limitato, nel mercato, nella libertà, nei principi conservatori, era un difensore di Israele.
Ma ancora di più per il metodo che utilizzava: è diventato celebre negli Stati Uniti, e grazie ai social in tutto il mondo, per aver offerto nelle sue iniziative, un tour di conferenze “Prove me wrong”, ossia “Dimostrami che ho torto”, un format costruito sul dibattito aperto e sul confronto, palco e microfono a chi esprimeva critiche, dissenso rispetto alle sue idee.
Puntava dritto al cuore della democrazia, all’incontro tra opinioni contrastanti che dovrebbe fisiologicamente animare il confronto pubblico sempre più influenzato, invece, dalla ripulsa verso chi non la pensa come noi
I suoi erano scambi in cui, con ordine, discuteva con chiunque volesse esporre punti di vista diversi. Pluralismo puro.
Nessuna forma di violenza, solo domande e risposte davanti a migliaia di studenti nei college americani più di sinistra.
Un uno contro tutti che si sostanziava in un invito, verso chiunque avesse un opinione avversa, ad utilizzare le parole.
Ma loro hanno usato i proiettili
Un colpo secco, partito da 200 metri di distanza, ha posto fine alla vita di un uomo che per milioni di giovani rappresentava il barlume del riscatto conservatore in un America polarizzata all’ennesima potenza e lacerata dalle divisioni ideologiche.
È drammaticamente evocativa l’immagine della maglietta con scritto “Freedom” che Charlie indossava durante l’ultimo incontro davanti a 3.000 studenti nel campus della Utah Valley University, cercando il dialogo con la forza delle idee proprio mentre un cecchino dell’odio lo metteva nel mirino e sceglieva il piombo per farlo tacere
Perché rappresentava tutte le cose che i progressisti detestano.
Charlie Kirk: un uomo bianco, marito, padre, cristiano, vicino a Donald Trump, Pro-Life, contrario alle perverse e deviate teorie gender.
Contro l’indottrinamento del pensiero unico aggrediva dialetticamente la sinistra nei suoi templi, in quei covi in cui dominano il monolite woke e l’esacerbazione del politicamente corretto che mina l’identità, lì dove lo scontro delle idee genera più fastidio: le università progressiste.
È risaputo che nelle universita’ americane ci sia spazio per una sola linea di pensiero, dogmatica e che non contempla contraddittorio
Charlie ha sfidato la sinistra sul terreno culturale.
E questa “colpa” l’ha pagata con la vita.
Charlie era uno di noi.
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