SOLLICCIANO L’ INFERNO IN TERRA NELLA TERRA DI DANTE

SOLLICCIANO L’ INFERNO IN TERRA NELLA TERRA DI DANTE

“Sollicciano, dove la pena diventa abbandono: l’Italia che dimentica i suoi carcerati e la politica che merita le ali della stupidità”

La provincia di Firenze è la terza in Italia per crimini e la prima in relazione agli abitanti, il triste primato si completa con i luoghi di recupero, tra i peggiori in Italia

Nella Firenze al plurale dove a detta del Sindaco nessuno doveva rimanere indietro, gli ultimi sono ultimi tra gli ultimi.

Lasciamo da parte le polemiche sulla sicurezza per un attimo con un vecchio detto – il medico pietoso fa le piaghe puzzolenti – e a quanto pare il medico politico di Firenze e Provincia è molto pietoso.

Ieri abbiamo appreso con un sentimento misto di rabbia e rassegnazione, che si è verificato un altra morte a Sollicciano, piacerebbe poter dire inevitabilmente o imprevedibile, ma purtroppo era ampiamente prevedibile anche statisticamente viste le condizioni della struttura. Un’ altra vittima del sistema.
Stavolta è un uomo di 57 anni, austriaco, trovato senza vita sotto la doccia il 4 luglio 2025. Siamo ormai di fronte a una macabra serialità

Le ipotesi parlano anche del caldo, insopportabile, ma è l’ennesimo sintomo di un male più profondo. Non è la prima tragedia né sarà, temiamo, l’ultima. Negli ultimi sei mesi, nella casa circondariale alle porte di Firenze si contano già cinque decessi: un suicidio a dicembre, un malore a gennaio, una overdose a marzo, un altro decesso per cause naturali sempre a marzo, e ora questo. Tutti avvenuti in un contesto che da anni viene denunciato come indegno.

Il caso che più ha colpito l’opinione pubblica resta però quello del giovane marocchino di 18 anni, suicidatosi nel 2024. Era cresciuto in Europa, entrato in Italia ancora minorenne, e finito a Sollicciano dopo una spirale di marginalità e piccoli reati

La sua morte accese una miccia: rivolte, proteste, scioperi della fame tra i detenuti, denunce da parte degli operatori. In quelle settimane si parlava di cimici nei materassi, acqua razionata, calore insopportabile, personale sanitario insufficiente. Parole già sentite. Ignorate.

Le risposte delle istituzioni locali non si fecero attendere, almeno a parole

La sindaca Sara Funaro attaccò duramente il governo, accusandolo di aver abbandonato Firenze e il suo carcere.

Stesso copione per il presidente della Regione Eugenio Giani, che puntò il dito su Roma e il Ministero della Giustizia

Ma a fronte della veemenza delle dichiarazioni, nessuno dei due ha poi accompagnato le parole con investimenti concreti. Il governo Meloni, invece, ha recentemente stanziato 150 milioni per l’ammodernamento del sistema penitenziario nazionale.

Di questi, circa 12 milioni destinati proprio a Sollicciano: impianti idraulici da rifare, climatizzazione, miglioramento delle celle e delle condizioni per gli agenti penitenziari.

Regione Toscana e Comune di Firenze?

Silenzio. Nessun investimento proprio lì dove le istituzioni locali alzano la voce, salvo poi abbassare lo sguardo quando si tratta di metter mano ai bilanci.

Eppure i numeri parlano chiaro.

Sollicciano dovrebbe ospitare 494 persone. Ne ha accolte fino a 709. Nel 2023 si contavano circa 500 detenuti, oltre la metà stranieri.

Tunisini, marocchini, egiziani, somali, molti dei quali recidivi

Molti di loro, se avessero trovato una rete sociale, un impiego, un’identità giuridica, forse non sarebbero finiti dietro le sbarre. E qui si apre un’altra ferita mai sanata: l’assenza di Centri per il Rimpatrio in Toscana. Sono anni che prefetti e associazioni del settore – anche quelle garantiste – chiedono l’apertura dei CPR, affinché chi è irregolare e già noto alle forze dell’ordine possa essere accompagnato alla frontiera prima di cadere nella spirale della criminalità.

Sarebbe stato un modo per proteggerli da se stessi e insieme proteggere anche la società

Perché è questo il punto: non si tratta solo di punire, ma di prevenire. Invece si preferisce ignorare, rimuovere, lasciare marcire. Come già avvenuto per i manicomi, chiusi con la legge Basaglia ma mai davvero sostituiti da strutture adeguate. Il risultato è un cortocircuito tra buonismo retorico e abbandono reale. Carceri e centri psichiatrici non possono sparire.

Non in una società complessa, attraversata da diseguaglianze, crisi sociali, disoccupazione, immigrazione irregolare

Il problema non si risolve chiudendo gli occhi, ma guardando in faccia la realtà e investendo.

La Costituzione ci impone di trattare il detenuto come persona, non come rifiuto sociale. Lo ha ricordato con chiarezza il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo recente discorso al corpo di polizia penitenziaria: «La dignità della persona umana non può essere sacrificata neanche dal carcere; la pena deve tendere alla rieducazione, non all’annientamento».

Parole che pesano come pietre. Parole che dovrebbero guidare la politica, a tutti i livelli

Anche Il Foglio, in un editoriale di qualche settimana fa, ha lanciato un monito: “I nostri penitenziari gridano ai governi: rinnovatevi, investite, non fate della pietà una bandiera vuota”. Avevamo il PNRR, avevamo fondi straordinari europei. Forse li abbiamo sprecati.

Ma non è troppo tardi. Servono nuovi penitenziari, più umani, più efficienti, più giusti. Serve personale formato, infrastrutture moderne, un sistema di reinserimento reale, non fittizio

Perché dietro ogni recluso c’è una storia, un errore, un’occasione mancata. Ma c’è anche – o dovrebbe esserci – la possibilità di ricominciare. Solo una società capace di offrire questa possibilità può dirsi davvero civile.

Concludo con una piccola nota provocatoria, che va a sottolineare la mia stima di chi lavora in quell’ inferno, ho amici e conoscenti che per loro sfortuna hanno deciso di farlo

Purtroppo le seconde vittime del sistema carcerario dopo i detenuti sono gli agenti di polizia penitenziaria, perennemente sotto organico e sotto uno stress fisico e psicologico che fa si che anche fra loro vi sia un triste primato di suicidio.

La legge 81 tutela giustamente tutti i lavoratori e indica i responsabili colposi e o dolosi, mi chiedo perché non si è mai sentito parlare nei tribunali italiani di Sicurezza di chi opera in ruoli così delicati

La sicurezza è solo per il settore privato e preferibilmente edile?

“La civiltà di un paese si vede dalle sue carceri.”
(Dostoevskij)

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