Sessanta giorni per votare: perché il ‘tempo è vita’ rischia di non essere democrazia in Toscana
Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha ufficializzato solo l’11 agosto la data delle prossime elezioni regionali, fissandole per il 12 e 13 ottobre.
Una decisione che lascia appena due mesi di tempo tra l’annuncio e il voto e che sta già suscitando polemiche, soprattutto da parte di movimenti civici e realtà politiche locali che denunciano una vera e propria “elezione di corsa”
Per loro il problema è concreto: il termine per la presentazione delle liste scade il 12 settembre, meno di un mese dopo la comunicazione ufficiale. In questo lasso di tempo bisogna raccogliere le firme, completare la documentazione e organizzare la campagna elettorale, operazioni che per chi non dispone di una struttura consolidata e di ingenti risorse diventano quasi proibitive.
Il rischio, denunciano in molti, è che a beneficiare della stretta tempistica siano soltanto i partiti maggiori già presenti in Consiglio regionale, mentre i soggetti più piccoli restino esclusi non per mancanza di consenso ma per impossibilità pratica
Giani ha motivato la scelta sostenendo che le date eviteranno il rischio maltempo di fine ottobre, consentiranno il regolare avvio dell’anno scolastico e garantiranno l’approvazione del bilancio regionale entro il 31 dicembre, evitando l’esercizio provvisorio.
Giustificazioni che non placano però le critiche, anzi alimentano il sospetto che la compressione dei tempi sia uno strumento per blindare il potere in carica.
La democrazia, ricordano i detrattori, vive di pluralismo e di pari opportunità di partecipazione, e il tempo è la risorsa primaria per renderle possibili. Senza tempo, il confronto politico si svuota e la competizione diventa squilibrata
È questo il motivo per cui la scelta del calendario elettorale viene vista non solo come una questione tecnica, ma come un atto politico capace di incidere direttamente sulla qualità della vita democratica in Toscana.
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