Se tocca a Sala, garantismo. Se tocca agli altri, forca. Il moralismo a targhe alterne della sinistra
Premessa obbligatoria: io non so se Beppe Sala sia colpevole di qualcosa. Non ho strumenti per giudicare, né mi interessa farlo. In un paese civile – e non sempre l’Italia riesce a sembrarlo – le responsabilità penali si accertano nei tribunali, non nei salotti TV, né nei talk show
Io rispetto la presunzione d’innocenza, sempre. Anche per Sala, ovviamente. Fino all’ultimo grado di giudizio. Detto questo, permettetemi due considerazioni che con la giustizia c’entrano poco e con la politica molto.
Primo: la sinistra ha la memoria corta, la coerenza ancora meno e una certa tendenza a usare il garantismo come un fazzoletto: solo quando serve, e solo per i propri nasi. Se uno di loro – vedi Sala – finisce nella bufera, improvvisamente si scoprono tutti giuristi, paladini del diritto, difensori delle garanzie costituzionali. La stessa gente che, quando è un avversario politico a finire sotto indagine, si trasforma in piazzaiola col forcone. Altro che presunzione d’innocenza: si invocano dimissioni in diretta, si chiamano i carabinieri in conferenza stampa, si sfogliano le pagine del codice penale in diretta su La7.
Il caso della presidente della Sardegna, Todde, è l’esempio da manuale. Secondo la loro stessa legge – la Severino, non scritta da Giolitti ma dal loro partito – dovrebbe decadere
Ma quando la regola tocca “una di loro”, si cerca il cavillo, l’eccezione, l’interpretazione creativa. Giustizialismo per gli altri, garantismo per sé. La coerenza? Optional. Il principio? Variabile. La decenza? Smarrita da tempo.
E badate bene: non parliamo di un assessore di paese. Parliamo della giunta della capitale economica del Paese, Milano
La stessa dove l’assessore all’urbanistica (quindi roba seria, roba che muove soldi e cemento) finisce al centro di un’inchiesta e l’ex vicesindaca pure. Non uno, due. Non la periferia, il cuore dell’amministrazione.
Ed ecco la seconda considerazione, forse la più amara. Io voglio credere che Sala non c’entri niente. Che sia pulito. Ma se così fosse, restano due sole opzioni. Una più deprimente dell’altra.
Opzione uno: Sala sapeva
Sapeva dell’aria che tirava, ma ha lasciato correre. Ha voltato lo sguardo, ha fatto finta di niente, magari per non disturbare equilibri politici delicati. In quel caso, non si è arricchito, d’accordo, ma è stato complice per omissione. E questo, per un sindaco, è già un atto gravissimo.
Opzione due: non sapeva niente
Gliel’hanno fatta sotto il naso. A lui, che doveva governare, controllare, decidere. In quel caso non sarebbe un disonesto. Ma sarebbe, con tutto il rispetto, un ingenuo. E un ingenuo al comando di una città da un milione e mezzo di persone, con le Olimpiadi alle porte e le ruspe sempre al lavoro, fa quasi più paura di un disonesto.
Insomma, comunque la si giri, la “superiorità morale” è finita come certi motti scolpiti nei portoni: bella da leggere, ma lontana anni luce dalla realtà
E se davvero la sinistra vuole recuperare credibilità, cominci a trattare i suoi guai con la stessa ferocia con cui commenta quelli altrui. Perché la legge non può valere a colori. E nemmeno la morale.
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