Se i 5 Stelle sostengono Giani, è la fine del Movimento
Se il Movimento 5 Stelle in Toscana deciderà davvero di sostenere Eugenio Giani, allora non resterà più nulla di quella forza di rottura che aveva entusiasmato milioni di italiani. Nessuna bandiera, nessuna coerenza, nessuna credibilità. Perché Giani incarna, oggi come ieri, tutto ciò che il Movimento ha sempre dichiarato di combattere: il professionismo della politica, la continuità del potere, l’istituzionalismo fine a se stesso. Un Saint-Sulpicieno redivivo delle istituzioni, che ha attraversato ogni stagione politica senza mai mettersi davvero in discussione.
Appoggiare Giani non significa solo mandare giù il Partito Democratico degli accordi a tutti i costi, ma addirittura ingoiare l’alleanza con Matteo Renzi, l’ex rottamatore che voleva cambiare tutto tranne sé stesso. Per anni, per i grillini, Renzi è stato l’icona del male assoluto: ora rischiano di trovarselo alleato. E allora, a quale idea di programma si ispira questo campo largo? Qual è il punto d’incontro tra chi voleva spazzare via la casta e chi ne è l’emblema più evidente?
Giani: l’inconsistenza al potere
Eugenio Giani è l’inconsistenza fatta amministrazione. Presenzialista indefesso, capace di parlare a venti eventi in un giorno senza lasciare traccia. Per i suoi detrattori è un mangiatore seriale di tartine, per i suoi fan un cultore della storia toscana. Ma forse, proprio per questo, sarebbe più utile e più credibile come guida turistica o docente universitario, piuttosto che presidente di una regione che ha bisogno di scelte nette, visione strategica e coraggio.
Non che manchino esempi del suo distacco dalla realtà. Come quando, durante il dibattito televisivo con Susanna Ceccardi, alla domanda: “Che cosa avete fatto per l’aeroporto?”, dopo una lunga pausa rispose: “Abbiamo ascoltato l’aeroporto”. Un capolavoro di vuoto politico, che ancora oggi lascia perplessi: voleva una pista in terra battuta? Ammirazione per il terzo mondo? Ecologismo da salotto?
L’aeroporto e le contraddizioni del “campo largo”
E proprio l’aeroporto di Firenze resta uno dei nodi più simbolici e irrisolti. Il Partito Democratico toscano, specie quello fiorentino, su questo tema ha fatto tutte le figuracce possibili: dichiarazioni pubbliche favorevoli, poi l’appoggio a un sindaco che ha costruito la sua fortuna proprio sul “no” all’infrastruttura. E ora Renzi, che aveva fatto della nuova pista il suo cavallo di battaglia, che andrà a raccontare agli imprenditori?
E mentre si cerca un compromesso, spuntano idee come il reddito di cittadinanza regionale. Misure che faranno saltare dalla sedia chi rappresenta il mondo produttivo e moderato, che un tempo trovava in Italia Viva un riferimento. Dove porterà questa deriva? Ai consorzi autogestiti dai sindacati? Alla collettivizzazione delle fabbriche?
Ma Giani non dirà nulla, pur di essere il candidato unico. Non per esercitare potere vero – che richiede visione e decisione – ma per mantenere la poltrona, svuotata di significato.
Le domande che contano
E allora la vera domanda è: l’elettorato di Eugenio Giani continuerà a stimarlo, lì dove lui rinnega tutto ciò che diceva di rappresentare, solo per essere il candidato del “campo largo”?
E l’elettorato pentastellato accetterà di stringere la mano a colui che ha sempre combattuto, rinnegando una storia di opposizione spesso anche fiera e coraggiosa?
O, ancora una volta, si dovrà scegliere tra la conservazione paralizzante dello status quo e un cambiamento che, nella peggiore tradizione gattopardesca, cambia tutto per non cambiare niente?
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