Scuola e ideologia: quando l’insegnamento smette di educare e inizia a militare
L’episodio dei docenti dell’Istituto comprensivo di Montelupo Fiorentino che hanno sottoscritto una lettera sul conflitto israelo-palestinese – e le successive prese di posizione politiche a loro sostegno – riporta al centro un tema tanto antico quanto attuale: il confine tra educazione e militanza.
Che un insegnante abbia opinioni e sensibilità personali è naturale, persino auspicabile
Ma un conto è educare alla riflessione critica, un altro è trasmettere una visione del mondo già confezionata, con il rischio di trasformare la scuola da luogo del confronto in spazio di propaganda.
Quando un gruppo di insegnanti si espone pubblicamente con toni e concetti chiaramente riconducibili a un’area politica, la scuola perde la sua neutralità, e con essa il suo valore più alto: quello di formare menti libere.
È difficile non notare, in questa vicenda, come certa sinistra continui a tentare di appropriarsi del mondo culturale ed educativo, piegandolo a una narrazione ideologica che si autoproclama “umanitaria” ma spesso finisce per essere parziale e moralmente selettiva
Parlare di pace e diritti umani è sacrosanto, ma farlo ignorando la complessità dei fatti o assolvendo chi usa la violenza come strumento politico significa svuotare di senso quei valori stessi.
Gli insegnanti hanno un compito nobile: insegnare a pensare, non a cosa pensare. Quando si usano le aule, dirette o indirette, per promuovere un’idea di parte – giusta o sbagliata che sia – si tradisce la funzione educativa
Il rischio è quello di crescere generazioni che ripetono slogan invece di porsi domande. È già successo: basti ricordare i miti fallaci del Sessantotto, dal collettivismo utopico alla cultura dello sballo elevata a forma di libertà.
La storia, purtroppo, ci insegna che l’ideologia si insinua sempre dove la conoscenza smette di essere critica
Ed è proprio questo che oggi si dovrebbe evitare, soprattutto nella scuola: trasformare l’educazione in una forma aggiornata di indottrinamento, che alimenta appartenenze invece di costruire coscienze.
Se davvero vogliamo insegnare la pace, partiamo dal rispetto della complessità e dall’imparzialità del sapere.
Perché la neutralità dell’insegnante non è codardia morale, ma garanzia di libertà per chi impara.
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