San Marino, il paradiso fiscale dei poveri. Finito il riciclaggio è finita la pacchia

Anche sul Titano è finita la pacchia. In un anno il debito pubblico di San Marino è triplicato. La più vecchia Repubblica al mondo non è mai stata così in crisi. Negli ultimi tre anni sono saltate due banche, Asset Banca e recentemente Banca Cis. Il debito pubblico è passato da 262 milioni a 888. La popolazione teme che non ci siano i fondi per pagare le pensioni. Un incubo per uno Stato di soli 33mila abitanti. Questo tracollo è dovuto in parte alla copertura delle perdite della Cassa di Risparmio di San Marino, la banca dello Stato, che non è banca centrale.

L’ultima relazione della Commissione di Controllo della finanza pubblica, parla di «quadro molto preoccupante, con il degrado trasversale della posizione economica, finanziaria e patrimoniale che segna il decadimento del conto finanziario registrando un disavanzo di oltre cinque volte superiore a quello registrato negli esercizi pregressi e mantenutosi sostanzialmente stabile sin dal 2013. Il bilancio e il livello del debito pubblico sono altamente incerti, poiché dipendono dai costi finali della ricapitalizzazione delle banche».

Il totale attivo del sistema bancario è passato da 11,5 miliardi di euro del 2008 a 4,6 miliardi a dicembre 2018 (-60%), a fronte del dimezzamento del numero di operatori da 12 agli attuali 5.

Sempre tra il 2008 e dicembre 2018, il sistema bancario ha registrato perdite nette per complessivi 861 milioni di euro. Infatti, a fronte di utili registrati nel biennio 2008-2009 per 95 milioni complessivi, dal 2010 il sistema bancario ha rilevato risultati negativi per un totale di 956 milioni.

L’economia è stata al centro dell’ ultima riunione settimanale del Congresso di Stato, il Consiglio dei ministri di San Marino che proprio ieri ha iniziato a lavorare sulla Legge di Bilancio 2020 dandosi come obiettivo il pareggio di bilancio.

La mancanza di lavoro, una separazione o un divorzio, affitti e mutui difficili da pagare. Sono queste, oggi, le principali cause di povertà nella piccola Repubblica. Il dato emerge da una ricerca del 2018, a cura di Orietta Ceccoli Orlandoni. Un report che ha come campione i numeri della Sums e della Caritas. Uno dei risultati che lo studio restituisce, è il numero di famiglie in difficoltà sul Titano: circa 300 non riescono a coprire le spese mensili (sugli oltre 14.200 nuclei totali). Analizzando il campione Sums, si nota che il 67,7% di chi si trova in difficoltà è sanmarinese. Stiamo comunque parlando di cittadini o residenti.

Finita la favola E il numero dei poveri rischia di aumentare. «Io sono arrabbiata e delusa per come il governo ha gestito le cose», tuona Donna Burgagni, americana residente sul Titano, a capo da sette anni di un Comitato per le donne disoccupate. «Sono arrivata a San Marino nel 1975 e qui con la mia famiglia abbiamo aperto diversi negozi. Stavamo bene, c’era denaro che girava, turismo e siamo riusciti a comprare case e a vivere bene. Poi nel 2009 è arrivata la crisi, io ho venduto tutto e sono andata a lavorare in una azienda che ha chiuso. Da lì è iniziata la mia odissea perché non ho più trovato lavoro. San Marino non è più il posto da favola che era: ora se vai in ospedale ti curano ma mi sono trovata a pagarmi le garze con una disoccupazione da cento euro al mese…».

«L’attività bancaria e di intermediazione finanziaria, pure sostenute da un fisco compiacente», spiega lo scrittore Franco d’ Emilio, «sono state a lungo fonte di finanziamento della Repubblica di San Marino, sostenendo l’ interesse nazionale con la pratica del paradiso fiscale. Il recente passaggio alla trasparenza è difficile perché non supportato da un adeguato cambiamento culturale».

Intanto da ieri anche la Repubblica di San Marino ha aperto la crisi di governo. La coalizione Adesso.sm potrebbe infatti perdere l’ adesione del Movimento civico 10 (MC10). I consiglieri hanno approvato l’ uscita dal governo, decisione che sarà ufficializzata la prossima settimana in Consiglio Grande e Generale, il parlamento sammarinese.

Simona Pletto per ”Libero Quotidiano”

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