Russiagate, la Mata Hari Mangiante: “Ecco perché l’Italia è centrale”

RUSSIAGATE

Russiagate – Simona Mangiante ha 34 anni e, a partire dal 2016, si trova al centro del cosiddetto Russiagate, ovvero l’inchiesta riguardante la presunta intromissione di Mosca nelle elezioni che hanno portato all’elezione di Donald Trump. Lei afferma di essere innocente, anche se per molti rappresenta un agente provocatore in grado di scatenare una delle più incredibili storie di spionaggio degli ultimi anni.

Avvocato Mangiante, mi scuserà se quest’intervista Le sembrerà troppo simile a un interrogatorio, ma dovrà ammettere che, quella in cui si è venuta a trovare, è davvero una vicenda particolare. Con il suo aiuto, mi piacerebbe ripercorrerla. Da dove vuole partire?

Dal mio interrogatorio con l’FBI. Ho parlato con due agenti che hanno cominciato a pormi domande sul mio passato, con domande piuttosto retoriche, alcune anche tendenziose, per costruire una storia di spionaggio. Sono diventata un target…

Che tipo di domande le hanno fatto?

Mi hanno chiesto se avessi altri passaporti, se fossi stata adottata, se i miei genitori fossero di nazionalità russa e se parlassi il russo.

E poi cosa è successo?

Queste domande mi sembravano al limite tra la cinematografia e la realtà. Ad alcune ho reagito con una sana risata, come quando mi hanno detto che avevo un accento russo. Parlo cinque lingue, ma…

Tra queste c’è anche il russo?

No, è una di quelle lingue che non parlo affatto. Ma dicevo: il livello di domande era molto grossolano, fino a quando siamo arrivati a Mifsud. È a questo punto che capisco che lui è una persona legata al Russiagate. George mi aveva detto che aveva lavorato con lui al London center, tra l’altro prima che ci andassi a lavorare anche io. Non avevo minimamente l’idea che il professore citato nell’accusa di George fosse lui.

Nelle carte, diceva, si parlava inizialmente di un generico professore…

Sì, anzi. Non si parlava di un generico professore, ma di un “overseas professor”, indicato come agente russo…

A questo punto scopre il nome di Mifsud…

Sì e gli agenti mi chiedono se l’avessi mai conosciuto. Io rispondo di sì, di averlo conosciuto anni fa, in un contesto molto diverso, il circuito dei socialisti, tramite Gianni Pittella. A questo punto divento l’unico persona sul suolo americano che conosce il cosiddetto “comodo sconosciuto” che tutti possono dipingere come gli pare. Pensavo di rendere un favore all’Fbi, ma hanno iniziato a vedermi con sospetto…

E così è diventata la Mata Hari d’America…

Sono diventata un elemento scomodo ma importante perché ero la fidanzata del “paziente zero” del Russiagate.

Cosa succede poi?

Si scatena un effetto domino. Vengo convocata due volte. La prima al congresso, davanti a Nancy Pelosi, e poi al Senato. Al Congresso si parla di Mifsud per ore e io faccio presenti le sue connessioni. Nulla è stato contraddetto delle mie testimonianze. È però iniziato il contrattacco mediatico dei democratici e divento io la spia russa.

E questo è quello che è successo una volta scoppiato il caso Russiagate. Ma facciamo un passo indietro: come ha conosciuto Mifsud?

L’ho conosciuto nel 2010, o forse era il 2011, ad un convegno organizzato da Gianni Pittella all’Europarlamento. Mi è stato presentato come professore che aveva grandi contatti con il mondo politico, in particolare con i socialisti…

Chi gliel’ha presentato?

Gianni Pittella

Direttamente lui?

Sì sì. Tra l’altro me l’ha presentato come una persona a lui vicina. Questo non significa che Pittella c’entri qualcosa con Mifsud nella vicenda americana, ma è un dato di fatto che conferma le connessioni del professore con i socialisti e non con quel mondo che aveva interessi a far eleggere Trump. L’ho incontrato più volte al Parlamento europeo, dove portava gli studenti da Londra. Ma Mifsud è venuto anche in Italia: ha partecipato alla campagna elettorale di Pittella e alla Link Campus.

Da Bruxelles a Londra, per lavorare al London Center di Mifsud.

È stata un’esperienza breve – tre mesi – dove ho ricoperto il ruolo di direttrice di relazioni diplomatiche internazionali. Inizialmente pensavo di focalizzare il mio lavoro sulla legislazione europea e sulla regolamentazione europea che poteva interessare i clienti, ma non se n’è mai visto uno. Era una struttura disorganizzata in cui orbitavano persone che avevano più o meno il mio profilo che si sedevano attorno a un tavolo e si cimentavano in un progetto diverso. Io a quel punto non avevo chiaro cosa facessero. Mi hanno proposto dei meeting in Medio Oriente, ma era tutto disorganizzato.

Quando si è insospettita?

Quando Nagi Idris mi ha fatto conoscere un attivista dei diritti iracheno e mi invita ad un meeting segreto in Libano, dove decido di non andare. In quella missione nessuno sapeva cosa andava a fare né chi fossero i partecipanti per una questione di sicurezza internazionale.

Come mai ha deciso di non andare?

Perché mi sembrava estremamente sospetta. Ho lavorato nel mondo diplomatico per sette anni e non esistono simposi dove non devi sapere chi non partecipa. A meno che non ci siano organizzazioni terroristiche o situazioni di estrema pericolosità.

Qual era il ruolo di Mifsud al London center?

Mifsud era il co-direttore del London center. Era anche il presidente della London academy. Ma io poco dopo ho deciso di lasciare e di tornare a fare l’avvocato. Ricordo che c’è una in cui prendo le distanze dal London center e chiedo a Mifsud di cancellare il mio nome dal loro sito perché non volevo essere associata ad alcuna delle loro pratiche.

Ha conservato questa mail?

L’ho inoltrata al Congresso e all’FBI.

Gianni Pittella: come l’ha conosciuto?

È un caro amico di mio padre, che ho conosciuto da ragazzina. Non è un personaggio chiave del Russiagate perché non ha alcun coinvolgimento in questa storia. È stato una delle persone vicine a Mifsud per anni.

Qual erano i rapporti tra loro due?

Era un rapporto di stima reciproca. Mifsud partecipava a diversi eventi organizzati da Gianni Pittella. Il professore era una persone che orbitava nei circuiti socialisti, Pittella è una figura di rilievo di questi circuiti. È quindi normale che si conoscessero.

Secondo lei, i legami tra Mifsud e il governo italiano dell’epoca – ovvero Renzi – sarebbero stati più intensi di quanto potremmo mai immaginare.

Dicevo che Mifsud era molto vicino al governo italiano nell’epoca in cui Renzi era il primo ministro. Anche perché il professore era un sostenitore di Renzi.

Ma come fa a dire una cosa simile senza alcuna prova?

Io ho parlato di governo italiano e mi pare ovvio. Sappiamo che Mifsud ha vissuto a Roma per molto tempo in una casa pagata dalla Link e sappiamo che è stato nascosto dall’Italia. Sono deduzioni, le mie. Non ho mai fatto altro che fornire i fatti e Mifsud era legato a personalità politiche italiane.

Chi sono?

Pittella e Vincenzo Scotti, per esempio. E in Gran Bretagna a Boris Johnson. Era molto legato al mondo politico occidentale.

A proposito di Mifsud. Che fine ha fatto?

È un grosso mistero. In nessuna circostanza una persona scompare come ha fatto lui. C’è sicuramente qualcosa di losco, ma so che Mifsud è stato recentemente localizzato in Umbria e questo mi fa pensare che sia vivo e vegeto in Italia.

Come ha conosciuto George Papadopoulos?

Abbiamo cominciato a parlare quando ho iniziato a lavorare per il London Center. Mi ha contattata via Linkedin dicendomi: “Ah, vedo che lavori anche tu per il London center” e così abbiamo iniziato a sentirci. All’epoca lavorava per la campagna di Trump e prima di incontrarci a New York, a fine marzo 2017, sono passati un po’ di mesi.

E lui come ha incontrato Mifsud?

A Roma durante un viaggio alla Link con Nagi Idris. All’epoca è stato presentato da Vincenzo Scotti. Mifsud sembrava molto interessato al suo lavoro per la campagna di Trump e il resto è storia.

Papadopoulos incontra Scotti a marzo 2016. Voi vi siete visti per la prima volta a New York nel 2017. Le ha mai parlato di quell’incontro? Le ha mai detto che gli era stato fatto avere del materiale sensibile su Hillary?

Mi ha parlato di Mifsud come di un personaggio strano e mi chiedeva cosa pensassi di lui. Non mi ha mai parlato di lui come di una persona che gli aveva offerto del materiale sulla Clinton ma di una persona, un millantatore, che si era presentato come una persona connessa al governo russo ma che in realtà non gli aveva neanche presentato l’ambasciatore russo a Londra.

Cosa crede che sia venuto a fare Barr in Italia?

È venuto a cercare di capire quale fosse il motivo per cui l’Italia non sta dando informazioni su Mifsud. È un’ulteriore prova che l’Italia può esser coinvolta, se non nel Russiagate, nella scomparsa di Mifsud.

Il procuratore John Durham sta lavorando all’indagine penale sulle origini del Russiagate. Lei o suo marito ci avete mai parlato?

No, mai.

Ma non le sembra inverosimile che tutto questo sia stato pensato solo per attaccare Trump?

Io ora mi farò attaccare, ma credo che tutte queste operazioni rappresentano la delegittimazione della democrazia e della presidenza americana. Ci si attacca a tutto per delegittimare Trump. Anche il coronavirus è stato usato per attaccare il presidente americano, che è una delle persone più odiate al mondo. Nessuno parla dei risultati della sua amministrazione. Il russiagate è una delle più grandi bufale della storia.

Vedremo…

 

Matteo Carnieletto per www.ilgiornale.it

 

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