Remigrazione, sicurezza e politica: il caso Tor Tre Teste riaccende il dibattito
Il livello di insicurezza che ormai si registra nelle città italiane è sempre più evidente e se per anni la sinistra ha sempre parlato di mera “percezione”, oggi chiunque è in buona fede non può non osservare che trattasi invece di un’amara e pericolosa realtà.
L’ultimo episodio in ordine di tempo è l’aggressione che si è verificata a Roma, Tor Tre Teste, contro una giovane coppia ad opera – secondo le prime ricostruzioni – di un gruppo di giovani di origine maghrebina
A questo proposito, l’on. Elena Donazzan (Fratelli d’Italia) è intervenuta chiedendo una linea dura, con misure di remigrazione per chi, non essendo cittadino italiano, commette reati e mette a rischio la sicurezza pubblica.
“Remigrazione”, è, invero, una parola che spaventa molti, che fa gridare al razzismo la solita sinistra (e non solo), ma che andrebbe affrontata con cognizione di causa, senza inclinare verso derive ideologiche contrapposte.
Tanto per chiarire, non si deve pensare che tutti gli stranieri debbano essere rimpatriati (non sarebbe nè giusto nè possibile), nè dall’altra non può essere liquidata o confusa con una misura di stampo razzista generando un’opposizione ideologica basata su un fraintendimento
Il colore della pelle non c’entra nulla e chi veicola un messaggio contrario o non conosce di cosa si parla o è in malafede.
A ben vedere, quando si parla di remigrazione o rimpatrio assistito, il fulcro centrale è il rispetto del principio di legalità penale e la soggezione alla legge come strumento di legittimazione della presenza del territorio di immigrati (non cittadini). In altre parole, la commissione di reati – o quantomeno di certi reati di particolare allarme sociale – dovrebbe comportare l’immediata espulsione dal territorio nazionale per gli stranieri che la pongono in essere.
E, per quanto la responsabilità penale sia sempre personale, non si può negare lo stretto legame che ormai esiste tra sicurezza e immigrazione irregolare
Se si prende a campione, ad esempio, il dato delle violenze sessuali contro le donne, reato particolarmente esecrabile per ovvi motivi e oggetto di recenti provvedimenti talvolta confusi e grotteschi, non si può che rilevare dati allarmanti. Nell’ultimo triennio registriamo un allarme difficilmente trascurabile.
Nel 2022 gli autori denunciati per il 42,2% erano stranieri, trend che aumenta nel 2023 con il 43% , per giungere poi nel 2024 alla quota del 44%
E, sol che si consideri che la popolazione immigrata in generale si aggira tra il 9% e il 9,5%, si comprende bene che la proporzione restituisce il quadro di un problema emergenziale, sui cui è necessario intervenire in modo serio.
Certo, queste percentuali nascondono una parzialità di fondo che investe tuttavia due punti di vista “politicamente” contrapposti
Da un lato non sappiamo quante di queste denunce si concluderanno con una sentenza definitiva di colpevolezza; dall’altro, non sappiamo nemmeno se siano completi o nascondano una quantità di violenze non denunciate.
Cionondimeno, al netto delle imprecisioni in un senso e nell’altro, sono comunque molto preoccupanti (a meno di non voler pensare a percentuali così elevate di donne che si inventino aggressioni mai subite).
La destra – in particolare settori di Fratelli d’Italia e Lega – parla di “remigrazione” come insieme di politiche che prevedono controlli più severi, rimpatri più rapidi e un collegamento più stretto tra il permesso di soggiorno e la condotta della persona
Al centro, si situa la convinzione che la permanenza sul territorio nazionale debba, come detto sopra, essere legata al rispetto delle regole. E, in sintesi, quel che viene richiesto è un’accelerazione nelle procedure di espulsione dello straniero condannato per reati gravi.
Il tema non è nuovo, ma continua a emergere in occasione di episodi di violenza urbana
Nel dibattito si intrecciano diversi fattori: l’efficacia (o inefficacia) degli accordi internazionali per i rimpatri, la capacità delle forze dell’ordine di intervenire tempestivamente, la lentezza della burocrazia e la pressione dell’opinione pubblica.
Fattori certamente da considerare sul piano dell’esecuzione di scelte decise ma che devono trovare cittadinanza nel confronto delle idee.
A parere di chi scrive, addivenire a una riforma che, pur contemperando le esigenze di sicurezza del cittadino con i diritti costituzionali, punti sull’estensione dei casi di espulsione obbligatoria dopo la condanna, l’introduzione di procedure accelerate per particolari categorie di reati e l’implementazione dei CPR dovrebbe essere considerata una base di discussione tutt’altro che scandalosa
Il buonismo e l’ecumenismo grottesco di chi preferisce nascondere la testa sotto la sabbia della finta tolleranza o accoglienza non risolve il problema è fa torto alla verità. Se da una parte non si deve inclinare verso una automatica identificazione tra immigrazione e insicurezza, dall’altro, non si può ignorare il legame tra illegalità e fallimento di una integrazione che, così condotta, porterà danno a tutti, immigrati regolari compresi.
D’altra parte non può negarsi che tantissimi immigrati regolari che vivono in Italia, lavorano, e cercano di costruirsi un futuro vengano danneggiati da politiche lassiste che finiscono per privilegiare chi delinque nella certezza della semi-impunità
Da questo punto di vista, le politiche di rimpatrio accelerato difenderebbero anche questi ultimi toggliendo spazio e voce a chi rovina la convivenza.
L’Italia è un Paese accogliente
Ma non può essere un Paese ingenuo. Di conseguenza ha ragione da vendere Elena Donazzan quando invoca una revisione delle politiche sull’accoglienza indiscriminata, quale una scelta di responsabilità: verso i cittadini, verso le famiglie, e verso chi vive qui rispettando la legge.
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