Recovery Fund, il cappio di un’Unione Europea esangue

Recovery Fund

Recovery Fund, il cappio di un’Unione Europea esangue.

Il Consiglio europeo sul Recovery Fund si è concluso fra gli entusiasmi un po’ di tutti. Come sempre in queste occasioni ognuno cerca di presentare come un successo quanto ottenuto. D’altronde ormai la politica si gioca tutta sul consenso mediatico, perciò la comunicazione svolge un ruolo primario anche rispetto alla sostanza dei fatti reali.

A scendere nel merito di quanto portato a casa da Conte tante sono le perplessità. La prima è nel percepire un prestito come un dono, perché i soldi che (forse) arriveranno dall’Europa non sono un assegno in bianco. Se è vero che una parte dei fondi saranno erogati a fondo perduto, questi rappresentano solo una piccola parte. La restante è vincolata ad una miriade di condizionalità anche più stringenti rispetto al tanto discusso MES. Insomma, non ci sono regali per l’Italia, per ricevere dovremo dare tantissimo e soprattutto sotto stretta sorveglianza.

I CONTENUTI DELL’ACCORDO 

L’accordo europeo sul Recovery Fund, infatti, prevede che i piani nazionali di riforme saranno valutati dall’Ue attraverso una serie di parametri. Chi chiederà il finanziamento, per ottenerlo, dovrà ottenere un voto più alto rispetto ad una graduatoria. Questo significa consegnare la sovranità politica di uno Stato, quindi anche dell’Italia, nelle mani di Bruxelles, che chiederà riforme di lacrime e sangue sullo stile di quanto già visto in Grecia con la Troika. Ma c’è un altro grande punto interrogativo che aleggia e rappresenta un precedente che può diventare pericoloso in futuro. L’Europa potrebbe pretendere anche riforme di carattere socio-culturale che interessino ambiti come i temi etici, per esempio in materia, ed a favore, di aborto, eutanasia o utero in affitto. Il rischio è alto e concreto.

C’è da capire anche da dove arrivano questi soldi e se davvero esistano questi fondi miliardari. Perché pare che in realtà non ci sarà alcun trasferimento di denaro nell’erario dello Stato italiano, almeno per quanto riguarda la quota parte a fondo perduto. Il Trattato sul Funzionamento dell’UE (Tfue) dimostra che le cifre di cui parlano TG e giornali verranno ricavati facendo ricorso ai Mercati finanziari. Insomma, si sta parlando di soldi che non ci sono e non si sa nemmeno bene come saranno raccolti e distribuiti, l’unica cosa certa è che questi fondi saranno oggetto di continue verifiche e controlli.

CERTEZZE SOLO IN NEGATIVO

Altro aspetto che desta perplessità è il fatto che questi fumosi fondi non saranno disponibili prima del 2021. Data che potrebbe essere troppo tardi visto che gli analisti prevedono un disastro economico in settembre ed il mondo scientifico già paventa una seconda ondata epidemica in autunno. Se questa sventurata ipotesi dovesse concretizzarsi, l’Italia non potrà fare altro che richiedere l’accesso al MES con tutti i rischi ed i vincoli annessi e connessi. Insomma, la nostra libertà e sovranità è fortemente minacciata da ingerenze straniere, benché europee.

A questo punto è bene fare una riflessione politica sulle condizioni di questa Unione Europea. Alessandro Mangia, professore di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano, intervistato da IlSussidiario.net, in questi ultimi giorni ha detto che l’UE ha «calciato ancora avanti il barattolo per un po’». Un’immagine suggestiva per rappresentare come ormai questa Europa sia arrivata al capolinea e viva solo di stenti. Addirittura il modo di governare dell’UE è definito dallo stesso professore surreale, ed aggiunge: «Qui non è questione di eurofili o euroscetticismo. Basta osservare i processi decisionali che reggono 500milioni di persone di fronte alla più grave crisi economica dal 1945 per rendersi conto che in vent’anni abbiamo distrutto 27 sistemi politici nazionali in cambio id niente. Meglio: in cambio di lettere, comunicati stampa e un po’ di propaganda».

di Giorgio Arconte per www.adhocnews.it

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