Rapporto Istat: gli Italiani vogliono figli ma non possono più permetterseli

Istat

Glückliche Familie und Kinder umarmen sich liebevoll im Garten

Istat, Rapporto annuale 

Disuguaglianze “significative” solcano il nostro Paese. il Covid rischia di accentuarle, allargando i divari esistenti, con una ‘scala sociale’ nella quale è più facile scendere che salire. Il mercato del lavoro si restringe e il 12% delle imprese saranno costrette a tagliare proprio le fasce più deboli, giovani e donne. La didattica a distanza vede in svantaggio bambini e ragazzi del Mezzogiorno che vivono in famiglie con un basso livello di istruzione. La natalità potrebbe scendere ancora, eppure gli italiani i figli li desiderano, due l’ideale. L’unico dato positivo non arriva dal Governo ma dal popolo: durante il lockdown si è registrata una “forte coesione”. Sono questi alcuni dei punti principali del Rapporto annuale pubblicato dall’Istituto nazionale di statistica.

10MILA NATI IN MENO, SOTTO 400MILA NEL 2021

“La rapida caduta della natalità potrebbe subire un’ulteriore accelerazione nel periodo post-Covid”. Così l’Istat nel Rapporto annuale. “Recenti simulazioni, che tengono conto del clima di incertezza e paura associato alla pandemia in atto, mettono in luce un suo primo effetto nell’immediato futuro; un calo che dovrebbe mantenersi nell’ordine di poco meno di 10mila nati, ripartiti per un terzo nel 2020 e per due terzi nel 2021”. La prospettiva peggiora se si tiene conto dello shock sull’occupazione. I nati scenderebbero a circa 426mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi ridursi a 396mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021″. Numeri da estinzione.

VOGLIA DI FIGLI

L’ulteriore calo delle nascite non è dato dalla mancanza di volontà di rigenerare la stirpe da parte degli italiani. Una bassa fecondità, in costante calo dal 2010, ma un “diffuso” ed “ancora elevato” desiderio di maternità e paternità. Una “forte discrepanza” quella registrata dall’Istat nel Rapporto annuale 2020. Il modello ideale di famiglia contempla infatti due figli. È così per il 46% delle persone, il 21,9% ne indica tre o più. Sono “solo” 500 mila quanti tra i 18 e i 49 anni affermano che fare figli non rientra nel proprio progetto di vita.

Quest’ultimo dato conferma ciò che le forze sovraniste dicono da tempo: non è vero che gli italiani non vogliono più fare figli. Semplicemente sono stati messi nell’impossibilità di farli con l’assenza di tutele sociali e certezze economiche per le famiglie. Mantenere bassa la natalità tra gli autoctoni è un’arma indispensabile per quelle forze politiche progressiste che vogliono imporre una società multietnica. Sono gli stessi che ripetono a pappagallo il ritornello propagandistico funzionale all’invasione allogena: “gli italiani non fanno figli, dobbiamo far arrivare gli immigrati”. Niente di più falso, dobbiamo semplicemente tornare a garantire gli strumenti giusti a livello sociale.

GIU’ L’OCCUPAZIONE

“Il problema del reperimento della liquidità è molto diffuso, i contraccolpi sugli investimenti, segnalati da una impresa su otto, rischiano di costituire un ulteriore freno ed è anche preoccupante che il 12% delle imprese sia propensa a ridurre l’input di lavoro”. L’indagine è stata condotta a maggio. Tuttavia “si intravedono fattori di reazione positiva e di trasformazione strutturale in una componente non marginale del sistema produttivo”. Dai dati provvisori sulle forze di lavoro emerge inoltre che i lavoratori in Cig ad aprile – nella settimana di intervista – sono stati quasi 3,5 milioni. E, sempre ad aprile, quasi un terzo degli occupati (7,9 milioni) non ha lavorato. Cresciuti anche i lavoratori in ferie.


La “classe” di origine influisce meno sulla collocazione sociale che si raggiunge all’età di 30 anni rispetto al passato ma pesa ancora in misura rilevante. Per l’ultima generazione (1972-1986), la probabilità di accedere a posizioni più vantaggiose invece che salire è scesa. Una mobilità, dunque, verso il basso: il 26,6% dei figli rischia un ‘downgrading’ rispetto ai genitori. Una percentuale, praticamente più di 1 su 4, superiore rispetto alle generazioni precedenti. E anche più alta di quella in salita (24,9%). Cosa che non era mai accaduta prima e che non può non preoccupare un ipotetico, futuro, genitore.

COLPITI GLI STRATI SOCIALI PIU’ DEBOLI 

“L’epidemia ha colpito maggiormente le persone più vulnerabili”, come “testimoniano i differenziali sociali riscontrabili nell’eccesso di mortalità causato dal Covid-19”, sostiene l’Istat, secondo cui “l’incremento di mortalità ha penalizzato di più la popolazione meno istruita”. L’Istituto considera, infatti, il livello di formazione un buon indicatore di collocazione nello strato sociale.

In questo tragico scenario, sulla pagina Facebook del Partito Democratico oggi si celebra entusiasticamente “Il Mese dell’Arcobaleno”. Rassegna dedicata al movimento LGBT, acronimo di Lesbiche-Gay-Bisessuali e Transgender, i cui interessi lobbystici in questi giorni sembrano rappresentare una priorità assoluta per il Governo.

Famiglie e imprese, in fondo, possono aspettare… Perlomeno fino a quando esisteranno ancora.

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