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Questo è una testimonianza diretta… 

di Francesco Petrone
8 Agosto 2025
In Attualità
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Questo è una testimonianza diretta… 
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Questo è una testimonianza diretta…
Netanyahu ha annunciato, come si trattasse di una risoluzione finale, la prossima occupazione militare di tutta la striscia di Gaza.

Vorrei rendere omaggio ai palestinesi, in questo frangente drammatico, dato che è un popolo che è destinato a rinnovare sulla propria pelle e contro il proprio volere, la leggenda dell’ ebreo errante, del popolo senza terra, a causa di un malinteso messianesimo antistorico, di qualcun altro, ideologia già condannata come aberrazione, a suo tempo, da Albert Einstein e da Hannah Arendt

Vorrei, al contempo, parlare di una persona che è stata a me molto vicina e che della causa dei palestinesi ne aveva fatto quasi una ragione di vita. Sto parlando di mia sorella maggiore Alessandra, che è scomparsa nel dicembre scorso. Esercitava con passione la professione di psicologa, psicoterapeuta ed antropologa.

Era docente all’istituto Gestalt di Firenze. Proprio in qualità di psicologa le era capitato più volte di risiedere per lavoro anche in Palestina per conto di vari organismi internazionali, come didatta e formatrice di scuole di psicoterapia all’estero

Sulle sue esperienze di lavoro in Palestina ha anche scritto un libro che documenta le sue esperienze, testimonianze che riteneva preziose. Ha voluto intitolare il libro “Resist to exist” (Resistere è esistere), frase ripresa simbolicamente perché l’aveva notata tracciata sui muri di molte case palestinesi specialmente a Gaza. Il destino volle che uno dei suoi incarichi semestrali dovesse coincidere con il momento drammatico della II Intifada, dal giugno a dicembre del 2004.

Aveva l’incarico molto delicato che riguardava proprio la formazione di un gruppo di giovani psicologi palestinesi

Lo studio verteva sui metodi con cui fronteggiare i traumi che inevitabilmente si creano a causa delle continue guerre in corso. Dovette ritornare per un altro periodo, successivamente, nel 2016. Proprio attraverso le sue narrazioni e anche attraverso i suoi scritti e interviste mi sono rimasti impressi alcuni frammenti che ritengo umanamente importanti. Dai suoi racconti avevo conservato un episodio che ritengo significativo.
Anche lei era stata colpita dall’abitudine che era diffusa fra molti palestinesi.
Questi, anche se avevano avuto le case requisite o distrutte, ne conservavano gelosamente la chiave come reliquia, simbolo di un radicamento affettivo, come se i numi tutelari del focolare si fossero rifugiati in quel piccolo oggetto metallico.

È un sentimento che a noi che ci riteniamo “modernizzati”, ormai sfugge. Ricordo, inoltre, che riportava il fatto che gli abitanti di Gaza dicevano di ritenersi fortunati perché, a differenza di altri connazionali profughi, essi erano rimasti sulla propria terra

A differenza di ciò che molti credono, quello palestinese è un popolo molto colto da ogni punto di vista, sia a causa della diffusione di una cultura accademica perché da sempre, la  Palesina, ha prodotto molti professionisti, ma è un popolo ricco dì una cultura in senso più ampio, di tipo antropologico, perché in possesso di una diffusa cultura popolare antica ereditata dalle più grandi civiltà.

Apprendevo la cortesia, la delicatezza dei modi diffusi anche tra le persone più semplici

Poi i racconti entravano in episodi  legati maggiormente alla professione in cui era accaduto che, in alcuni momenti, con degli adolescenti, per alleggerire l’atmosfera, alla sua età avesse giocato a palla avvelenata con quegli adolescenti per cercare di abbattere la barriera di diffidenza.
Con le ragazze più adulte iniziava  facendosi insegnare le danze di gruppo tradizionali per fare tornare i sorrisi sulle labbra di gente troppo provata.
In un villaggio, alcuni ragazzi le hanno voluto mostrare alcune tombe indicate come dei loro martiri.

Erano tombe fresche e dalle date risultava che i martiri avevano rispettivamente 13 e 14 anni

Per superare i traumi che non sono altro che ricordi impossibili da superare, Alessandra usava il metodo più antico, riportato da Omero, nell’episodio in cui viene narrato di quando Ulisse  è ormai presso la corte dei Feaci. Anche all’eroe Greco, sappiamo che doveva aver giovato sentire rievocare il proprio trascorso, con tutte le sofferenze provate, e anche di lui, apprendiamo che pianse in modo liberatorio con uno scarico emotivo denominato catarsi in psicologia, per liberare le eccessive tensioni emotive accumulate in quei vent’anni, giungendo ad una sensazione di sollievo rievocando direttamente i suoi trascorsi.

Anche Ulisse infatti subisce una trasmutazione che lo farà tornare a casa rinnovato

Così era accaduto anche a quei ragazzini, quasi bambini che desideravano in cuor loro uno scarico emotivo liberatorio ma sappiamo che sarebbe occorso scavare ulteriormente e non poco. Tornare indietro, rileggere il passato, permette la famosa elaborazione del lutto.

Esistevano inoltre anche gli ex carcerati, spesso abusati e torturati e lasciati per molto tempo appositamente nella loro stessa sporcizia

La reazione che si creava era che in molte di queste persone subentrava un fenomeno di rifiuto della propria persona, si sentivano indegni di tornare a vivere nella propria comunità, convinti di essere immondi, un tragico rifiuto della propria persona che è ancor più radicato in chi ha una rigida morale. Molti ignorano che la tortura di oggi non è più quella praticata nel Medioevo.

Oggi le torture spesso hanno per consulenti degli psicologi perché il fine è distruggere la personalità più che il fisico

Esistono vari tentativi per recuperare questi ragazzi o ragazze traumatizzati. Alessandra aveva scelto di combattere il trauma anche con la creatività. Esiste in Palestina un’antica tradizione musiva di epoca bizantina, come da noi esiste la scuola di Ravenna. Con l’aiuto di artigiani specializzati di restauro di mosaici, affiancati da psicologi, i ragazzi imparavano a frantumare le pietre in frammenti minuti e a ricomporre le tessere creando mosaici come se stessero ricomponendo pazientemente, pezzo dopo pezzo, la propria anima disintegrata utilizzando il gusto per il bello e ricreando un nuovo equilibrio interiore.
Raccontò inoltre di quanto, con la complicità ad un’amica, questa era riuscita a fargli incontrare personalmente Arafat ormai prigioniero e assediato alla Muqata in Ramallah.

Rimase impressionata da quell’uomo ormai anziano e malato ma  che ispirava grande forza d’animo

Si trovava recluso nello stesso quartiere generale dell”Autorità Palestinese. Nel 2001 venne rasa al suolo la radiotelevisione di Ramallah “La voce della Palestina” dopo ben 63 anni di attività. Ho voluto riportare questi episodi per una ragione ben precisa. Oggi vedo distrutte università e biblioteche sistematicamente come per cancellare molto di più che vite umane.
Quando si parla del dramma dei palestinesi, sembra si faccia la contabilità dei caduti, si disserta se è un genocidio o semplice strage. Si vedono solo bambini che corrono tra macerie impolverate con un pane tra le mani.

Io invece ho voluto raccontare la vita di un popolo che è simile in tutto a noi, in momenti difficili ma disperatamente in cerca di normalità, di speranza, di uno scopo.

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Tags: GAZAIN EVIDENZAISRAELENetanyahuPALESTINA
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