Quella “cultura del contagio” che piace tanto alla sinistra

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Contagio – Letto oggi suona un po’ sinistro: nel titolo, e ancor più nelle tesi. Le quali dimostrano forse la débacle di certa filosofia italiana, e non solo italiana, troppo prona ai dettami culturali della sinistra e poco ad un pensiero autonomo e nella misura del possibile avalutativo.

Mi riferisco a un vecchio libro di Roberto Esposito, uno dei pensatori italiani che va per la maggiore: un po’ per virtù intrinseca, un po’ per l’appoggio incondizionato e ben coltivato del gruppo “L’Espresso”. Il titolo – eravamo nel 2001 e le Twin Towers stavano lì lì per essere abbattute – era Immunitas. Protezione e negazione della vita, e già solo a pronunciarlo in questi giorni uno pensa a mascherine, amuchina, quarantene: in una parola al Coronavirus.

 

In effetti, Esposito non si rendeva conto allora, e forse non se ne rende conto oggi, che in Occidente il “dispositivo” trionfante, per dirla col suo linguaggio, non è stato negli ultimi tempi, almeno fino a ieri, quello della chiusura, e dell’immunizzazione, bensì l’altro dell’apertura senza criterio a tutti, regimi e visioni del mondo illiberali compresi. E che, se immunizzazione c’era, era quella messa in atto dagli intellettuali mainstream verso i rappresentanti (pochi) del “pensiero difforme” e la maggioranza (tanta) della gente comune e di buon senso.

Corrado Ocone per www.ilgiornale.it 

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