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Quei pescatori dal fascino esotico e fatale. Les pécheurs de perles inaugura la nuova stagione del Maggio

L'opera di Georges Bizet ritorna sul palscoscenico fiorentino dopo la recita del 2016. Dirige Jérémie Rhorer, al suo debutto nel nostro teatro

di Domenico Del Nero
15 Settembre 2025
In Cultura
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Quei pescatori dal fascino esotico e fatale. Les pécheurs de perles inaugura la nuova stagione del Maggio

Fonte: Ufficio stampa MMF

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Si riapre il sipario del Maggio Musicale Fiorentino, all’insegna di un titolo non tra i più frequentati, ma di grande fascino e valore. Del resto, l’autore è Georges Bizet (1838 -1875) universalmente noto per il suo grande capolavoro Carmen, ma come spesso accade in questi casi, la fama dell’opera più celebre rischia di oscurare altri lavori di non minore interesse.

E così, dopo la pausa estiva, martedì 16 settembre alle ore 20 prendono il via nella sala grande del teatro del Maggio Les pêcheurs de perles , proposta nell’allestimento della Staatsoper Unter den Linden di Berlino. Altre tre le recite previste in cartellone: il 19 settembre alle ore 20, il 21 settembre alle ore 15:30 e il 23 settembre alle ore 20.

Un “manifesto mancato” dell’esotismo francese? A guardare la data,  30 settembre 1863, Les pécheurs de perles ( I pescatori di perle)  sembra piazzarsi in un vero e proprio “crocevia” orientalizzante:  se già nel 1835 Daniel Auber musicava un libretto “cinese” Le cheval de bronze ( il cavallo di bronzo), dove però la componente esotica era poco più di una superficiale vernice, in campo letterario era uscito appena l’anno prima il romanzo Salambò di Flaubert, ambientato in una Cartagine del III secolo avanti cristo che però ha molto del perverso fascino dell’Oriente: sacerdotesse e riti strani e tenebrosi, amori impossibili, vicende sanguinose in un misto di crudeltà e perversione.  E che dire poi del libro “atroce” di Charles Baudelaire, Les fleurs du mal, che già dal 1857 aveva intossicato i sogni e le digestioni dei buoni borghesi parigini e che in alcune liriche conserva il ricordo del viaggio verso i lidi del Madagascar e il conturbante fascino di bellezze creole?

Tutti elementi (o quasi) che non mancano nel melodramma di Bizet . Se l’opera è un “manifesto mancato” non è infatti certo perché non sia artisticamente valida, ma per una sorta di vera e propria maledizione che perseguitò la carriera di questo geniale compositore, tanto grande quanto sfortunato, i cui meriti furono riconosciuti solo dopo la sua precoce scomparsa. In realtà si ben può dire che questo lavoro è uno dei primi – ma forse il primo di altissima levatura, malgrado la mediocrità del libretto (non peggiore, comunque, di tanti altri) e gli infelici rimaneggiamenti di cui è stato vittima nel tempo – che cerca di affidare alla suggestione musicale, e non solo all’ambientazione letteraria, il “profumo” d’Oriente. Del resto, per quanto riguarda la struttura drammaturgica, il libretto dei Pescatori presenta evidenti analogie anche con Norma e la Vestale (l’amore “proibito” per una sacerdotessa in primis) opere che di “esotico” non hanno assolutamente nulla. Certo si tratta di periodi e scuole molto diverse, ma certi “ingredienti” nei libretti passano agevolmente da un’epoca all’altra . Comunque sia, L’oriente bussava ormai anche sui palcoscenici: basti pensare che di lì a poco, nella sola Francia, vi saranno opere come Sanson e Dalila di Camille Saint Saens (1877) e soprattutto Lakmé di Leo Delibes (1883).

Anche dal punto di vista dell’ apparato strumentale e vocale l’opera ha delle curiose particolarità. L’orchestra  utilizza infatti  un organico di dimensioni piccole, anche rispetto agli standard del periodo in cui fu composta; da notare insieme ai timpani una sezione percussiva relativamente nutrita, alla quale è affidata un’importante funzione nel determinare per via timbrica  il colore esotico . Decisamente esiguo il cast vocale:  tre personaggi principali  e un solo comprimario. La sacerdotessa Leyla è una tipica parte di soprano lirico, in grado di mettere in evidenza la qualità timbrica dell’interprete, e che richiederebbe una voce dotata di purezza ed omogeneità di emissione nei vari registri; Nadir, nonostante la sua parte venga spesso affidata a tenori leggeri (soprattutto per la pagina più celebre dell’opera, la romanza  Je crois entendre encore) sarebbe più propriamente un ruolo da tenore lirico. Dal punto di vista della “robustezza” vocale, il ruolo più impegnativo è senz’altro quello del baritono Zurga. [1]

Per quanto concerne l’edizione fiorentina, Sul podio della Sala Grande del Teatro, alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio, il maestro Jérémie Rhorer; l’allestimento, ripreso in quest’occasione da Derek Gimpel, è firmato da Wim Winders, la cui regia di un’opera è portata in scena per la prima volta in assoluto in Italia. Le scene sono di David Regehr; i costumi di Montserrat Casanova; le luci, riprese da Oscar Frosio, sono di Olaf Freese. La drammaturgia è curata da Detlef Giese. Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini.

Il cast vocale è formato da Hasmik Torosyan nella parte di Léila; Javier Camarena interpreta Nadir; la parte di Zurga è interpretata da Lucas Meachem e Huigang Liu veste i panni di Nourabad.

Parlando dell’opera di Bizet – proposta per la seconda volta nel corso delle stagioni del Maggio dopo la messinscena del febbraio 2016 – il maestro Jérémie Rhorer, al suo debutto in Teatro, ha sottolineato il suo entusiasmo nel dirigere per la prima volta in carriera Les pêcheurs de perles: “Nel corso della mia carriera ho diretto con poca frequenza le opere di Bizet; invece ho affrontato con maggior frequenza la musica sinfonica di Bizet, motivo per cui sono molto felice di questo mio primo incontro con Les pêcheurs”. Continuando nella sua analisi, il maestro ha inoltre evidenziato i rapporti tra la musica italiana e la musica francese: “Negli ultimi anni inoltre ho cominciato a concentrare il mio interesse sui rapporti, peraltro sottostimati, tra la musica italiana e la musica francese, rapporti nati in una rete di relazioni storiche, artistiche, letterarie e musicali che mi affascinano enormemente. Prendiamo Puccini, un autore che per il momento ho potuto dirigere molto poco ma che è da sempre il mio preferito. Venendo proprio ai Pescatori di perle un interrogativo assai stimolante che nasce dall’ascolto di quest’opera è il verificare fino a che punto Puccini la conoscesse e l’abbia utilizzata come modello in alcune sue opere. Ci sono tanti aspetti di Pêcheurs che sembrano ritrovarsi come in un’ideale relazione gemellare in più pagine pucciniane”.

La regia dell’opera – ripresa da Derek Gimpel – è curata da Wim Wenders il quale, parlandone in occasione della première alla Staatsoper Unter den Linden nel 2020, ne ha evidenziato sia la rarità esecutiva che la bellezza musicale: “Quest’opera ai miei occhi (o piuttosto alle mie orecchie) è ingiustamente poco eseguita: il mio desiderio era dunque quello di ‘esporre’ la storia il più possibile e di raccontarla in modo da indurre o incoraggiare lo spettatore all’ascolto attraverso tutti i nostri mezzi. Ho visto spesso opere in cui c’era sempre qualcosa da vedere, così che guardare diventava più importante che ascoltare. Non volevo che il pubblico uscisse ricordandosi di aver visto qualcosa di grandioso; volevo lasciare la sensazione di aver ‘scoperto’ questa musica e soprattutto che sia stata la musica a raccontarvi la storia. Bizet ha realmente creato con la sua musica un mondo a sé”.

Il mondo che Wenders porta sul palcoscenico è dominato da una scena essenziale, proiezioni molto dai tratti foschi e profondi (mare, onde, nuvole e ombre di palme) sbuffi di fumo e dei costumi altrettanto semplici ed essenziali. Solo il coro nel primo atto porta costumi color giallo-zafferano e capelli rossi; una macchia di colore e di luce che contrasta con il nero. Wenders costruisce uno spazio che lascia protagonista lo svolgersi del dramma.

 

La trama dell’opera

ATTO I

Sull’isola di Ceylon, i pescatori di perle eleggono Zurga come loro nuovo capo. Sopraggiunge improvvisamente Nadir, amico fraterno di Zurga assente da molto tempo. Rimasti soli, i due ricordano la promessa fatta un giorno, quando si innamorarono entrambi della stessa misteriosa sacerdotessa incontrata in una città lontana e si giurarono che nessun sentimento avrebbe potuto scalfire il loro sentimento. Dal mare arriva la piroga che come ogni anno trasporta sull’isola una fanciulla destinata a pregare per la fortuna dei pescatori. La ragazza velata è proprio Léïla, la sacerdotessa che tanto scosse i due amici. Questa, nonostante riconosca immediatamente Nadir, accetta il compito e il voto di castità che esso comporta. Viene quindi accompagnata sullo scoglio da cui pregare il dio Brahma. Nadir, riconosciutane la voce, si avvicina e la sacerdotessa scosta il velo che le nasconde il volto.

ATTO II

È notte e nel tempio Léïla racconta al gran sacerdote Nourabad di aver ricevuto, ancora bambina, una collana da un uomo braccato dai nemici a cui aveva salvato la vita. Rimasta sola, è raggiunta da Nadir e i due si dichiarano il loro amore. Accorre Nourabad per catturare l’intruso ma Zurga, giunto appena in tempo, ordina che la coppia sia lasciata libera. Il gran sacerdote strappa quindi il velo di Léïla e Zurga, scoperta l’identità della donna, condanna la coppia al rogo.

ATTO III

Nella sua tenda, Zurga è raggiunto da Léïla, venuta a sostenere l’innocenza di Nadir. Il comandante, geloso dell’amore della ragazza, ribadisce però la condanna. Léïla consegna allora a un giovane pescatore la collana, per farla recapitare alla madre. Zurga, riconosciuto il gioiello, scopre di dovere la propria vita alla ragazza. Corre quindi ad appiccare un incendio nel villaggio per fare fuggire i due amanti nella confusione generale. Mentre i pescatori tentano di scampare alle fiamme rifugiandosi nella foresta, Zurga attende, a fianco della statua del dio, il compiersi del proprio destino.

 

 

 

 

 

[1] Ho tratto questa parte dal mio articolo di presentazione dell’opera in occasione della edizione del 2016, sempre al teatro del Maggio e pubblicato sulla rivista Totalità.it

Tags: GEORGES BIZETI pescatori di PerleIN EVIDENZAJérémie RhorerMAGGIO MUSICALE FIORENTINO
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