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Home Attualità

Quando la scuola promuove la “teoria gender”

Una riflessione di responsabilità per genitori ed educatori

di Luigi Forte
11 Settembre 2025
In Attualità, Cultura, Firenze, Politica, Salute & Benessere
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Progetti Educativi usati come volano per scopi ideologici

Negli ultimi anni si moltiplicano, anche nelle scuole toscane, progetti educativi che dichiarano di voler combattere bullismo, stereotipi o violenze, ma che in realtà introducono con forza nei percorsi scolastici concetti come sesso biologico, identità di genere e orientamento sessuale intesi come tre dimensioni separate, liberamente combinabili e modificabili.

Questa impostazione corrisponde a ciò che comunemente viene definito teoria gender: una costruzione culturale che propone l’idea di una molteplicità di identità, non radicate nella realtà biologica, ma presentate ai ragazzi come opzioni possibili e legittime tra cui scegliere.

Diciamolo con chiarezza: questa non è scienza, è ideologia.

Io, come Responsabile del Dipartimento Famiglia Toscano, desidero chiarire che questa distinzione, nella forma in cui viene presentata, corrisponde a ciò che generalmente nel dibattito pubblico viene chiamato “teoria gender” — e ribadisco: non si tratta di scienza, ma di una costruzione culturale e filosofica, che può essere perseguita con libertà, ma che non deve essere assimilata nella scuola come verità data senza confronto critico.


La realtà biologica

Il sesso biologico non è un concetto fluido: è determinato dal corredo cromosomico, dagli organi riproduttivi, dagli ormoni. Certo, esistono rare condizioni di intersessualità, ma non possono diventare la norma educativa per tutti.

L’orientamento sessuale, che riguarda attrazioni affettive e sessuali, emerge tipicamente in adolescenza o in età adulta ed è oggetto di studi seri.
L’identità di genere, invece, è la percezione soggettiva che una persona ha di sé. Esiste, ma non significa che sia una realtà da proporre a tutti i bambini come un gioco di opzioni da esplorare.

Sesso biologico, orientamento sessuale, identità di genere: cosa dice la scienza

  • Il sesso biologico è determinato dalla dotazione cromosomica (coppie XX o XY, nei casi ordinari), dagli organi sessuali primari e secondari, dagli ormoni prodotti, e dal corredo genetico. È un dato fisico, con eccezioni rare e specifiche (intersessualità).

  • L’orientamento sessuale riguarda l’attrazione affettiva, emotiva o sessuale verso persone dello stesso sesso, sesso opposto o entrambi. È qualcosa che emerge tipicamente in adolescenza e nella vita adulta, ed è indipendente dal sesso biologico, anche se la scienza sta investigando la componente biologica, ormonale e genetica che può giocare un ruolo. PMC+1

  • ’identità di genere è ciò che ogni individuo sente interiormente, la percezione personale di sé come maschio, femmina, o altro. È soggettiva. Può coincidere con il sesso biologico oppure no. Tuttavia, la letteratura pediatrica segnala che nei bambini in età prepuberale questa identità è in fase di sviluppo, ed è spesso variabile; in molti casi le “identità varianti” non persistono in adolescenza o età adulta. Società Italiana di Pediatria.


Perché “teoria gender” non è scienza

  • Mancanza di certezza clinica: la scienza medica riconosce che alcuni bambini vivono disforia di genere, ma non assume che tutti possano o debbano esplorare o scegliere una identità di genere diversa dal sesso biologico. Società Italiana di Pediatria+1

  • Ricerca sull’identità di genere: studi neuroscientifici e genetici indicano che ci sono fattori biologici importanti nello sviluppo di orientamento sessuale e identità, ma non vi è evidenza che l’identità di genere sia una scelta volontaria o semplicemente culturale. PMC

  • Persistenza e sviluppo: molti bambini con comportamenti non conformi agli stereotipi di genere non sviluppano, nella pubertà o dopo, una disforia di genere permanente. Il fatto che si introduca in età troppo precoce il discorso che uno può scegliere o “sentire” diversamente può confondere, anziché aiutare. Società Italiana di Pediatria


Dati allarmanti: richieste di aiuto quadruplicate

La Associazione Culturale Pediatri (ACP), in una nota del 2023, segnala che le richieste di presa in carico per incongruenze di genere nei minori sono quadruplicate negli ultimi anni. Se in passato la prevalenza era stimata tra lo 0,6% e l’1,8%, oggi alcuni studi parlano di una forbice tra il 2,5% e l’8,4% (ACP, 2023).

Si può leggere questo dato come frutto di una società più aperta e inclusiva, ma è lecito anche interrogarsi se la pressione culturale non stia incoraggiando un aumento artificiale delle situazioni di disagio.


Identità fluida nei bambini: il rischio di destabilizzare

Un ulteriore elemento di preoccupazione viene dalla letteratura scientifica: uno studio internazionale pubblicato su PubMed ha rilevato che la percezione di genere nei bambini piccoli è spesso fluida e transitoria. La maggior parte, crescendo, si riconcilia con il proprio sesso biologico (PubMed 27445431).

Questo significa che introdurre precocemente l’idea che l’identità di genere sia una “scelta” può destabilizzare bambini che altrimenti non avrebbero dubbi. In passato la scuola accompagnava e sosteneva chi viveva reali difficoltà, una minoranza ristretta; oggi rischia di insinuare dubbi in tutti, anche in chi non li avrebbe mai avuti.


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Scuola e ideologia: un confine da non superare

La scuola deve educare al rispetto reciproco e alla lotta contro ogni discriminazione. Ma una cosa è insegnare a non deridere chi è diverso, un’altra è proporre che tutti i ragazzi debbano mettere in discussione la propria identità come se fosse un passaggio obbligato.

Uno studio su come l’apprendimento scolastico influenza le ideologie di genere mostra, ad esempio, che i risultati scolastici sono associati ad atteggiamenti più liberali in ambito lavorativo ed economico, ma non determinano necessariamente un’accettazione della fluidità totale dei ruoli sessuali o delle relazioni personali (PubMed 33653591).
Segno che la questione è più complessa e non può essere banalizzata in percorsi scolastici “a tema gender”.


La preoccupazione: la presentazione come scelta per tutti

Quando in contesti scolastici – con bambini e ragazzi – si insegna che ogni studente dovrebbe esplorare il proprio genere, che può scegliere cosa essere, cosa sentire, che i ruoli sociali possono essere completamente sovvertiti, si va oltre l’informazione: si produce una spinta culturale che invita tutti, anche chi non ha dubbi, a dubitare.

Questo crea un effetto di “normalizzazione” di una pluralità di identità di genere, presentate come ugualmente valide prima ancora che sperimentate. Non è diseducativo parlare di diversità, ma una cosa è parlare di stereotipi, di rispetto reciproco, di accoglienza; un’altra è proporre che i bambini imparino a pensare sé stessi come potenzialmente “non cisgender” o “non conformi”, come se fosse una categoria che tutti possono attraversare.

Un approccio equilibrato: cosa chiedono genitori e scuola

  1. Trasparenza — che la scuola definisca chiaramente gli obiettivi dei progetti: informare sì, ma senza imporre visioni ideologiche.

  2. Coinvolgimento dei genitori — prima che tali progetti entrino nel curriculum, che vi sia il diritto di conoscere e decidere se aderire o meno.

  3. Materie scientifiche distinte — che l’insegnamento definisca bene i termini (sesso biologico, identità di genere, orientamento), ma che non presenti la loro distinzione come un imperativo morale o una scelta obbligatoria.

  4. Rispetto della libertà di pensiero — che sia permessa la visione tradizionale (cioè che il sesso biologico determini l’identità di genere per la maggioranza), senza censurare chi la ritiene valida.


Non basta dire di voler combattere il bullismo, è essenziale farlo con strumenti che rispettino la verità biologica, la libertà educativa, e la serenità interna dei bambini. Non si tratta di negare la sofferenza di chi vive una disforia o di ignorare la diversità: ma di evitare che l’ideologia diventi obbligazione silenziosa. In una scuola che vuole essere davvero inclusiva, ogni identità va accolta, ma nessuna prospettiva imposta.

Il rispetto per le persone non passa dall’imporre un’ideologia. Una scuola davvero inclusiva educa alla dignità di ciascuno, senza confondere i piani e senza introdurre nei bambini dubbi artificiali.

La famiglia resta il primo luogo educativo, e i genitori hanno diritto a sapere e a decidere.

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