Processi su processi, e poi…

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Processi su processi, e poi…

È di ieri, mercoledì 11 ottobre, l’assoluzione definitiva, dopo undici anni di processi, dell’ex Presidente di Monte dei Paschi di Siena – Giuseppe Mussari – e di Antonio Vigni (ex Direttore Generale), nonché altri manager coinvolti nell’inchiesta. Gli Ermellini hanno dichiarato inammissibile il ricorso della Procura Generale di Milano avverso la sentenza di assoluzione della Corte di appello.

Andiamo però ai fatti

Giuseppe Mussari, Antonio Vigni di Mps, e altri top manager di altre banche, erano accusati, per la vicenda derivati – ad avviso della Procura, tale operazione sarebbe stata prodromica ad occultare le perdite per la vicenda Antonveneta – dei seguenti reati: falso in bilancio, aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, a vario titolo. Insomma, reati particolarmente gravi.

In primo grado, Mussari era stato condannato a sette anni e mezzo, Vigni a sette anni e mesi tre di reclusione. Le seguenti condanne sono poi state ribaltate in appello, con una assoluzione nel merito (con la formula “il fatto non sussiste”).

La parola fine è stata messa ieri, quando i giudici della quinta sezione penale della Corte di Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricordo della Procura Generale, in quanto generico.

Volge quindi al termine una vicenda che era andata avanti per ben due lustri.

Soddisfazione dei legali dell’ex Presidente di Mps (Tullio Padovani, Fabio Pisillo, Francesco Marenghi), secondo i quali il processo per presunte falsità del bilancio di Mps e le presunte turbative di mercato, non sarebbe mai dovuto iniziare.

Nelle dichiarazioni dei difensori, una frase merita, però, di essere messa in evidenza: “Giustizia è fatta, ma Giuseppe Mussari non è più quel che era quando questa vicenda è iniziata, e nessuno gli restituirà nulla”.

Per l’ennesima volta siamo dinanzi ad una vicenda processuale, tra l’altro ampiamente pubblicizzata negli anni – visto il tenore dei personaggi coinvolti – conclusasi con una assoluzione. Chi restituirà questi anni fatti di notti insonni, stress, logoramento interiore, pregiudizio dei rapporti umani? Ben si può comprendere che così non è più possibile andare avanti.

Tutti noi potremmo un domani ritrovarci imbrigliati nelle maglie della giustizia. È evidente che qualcosa debba essere fatto. Questi tempi biblici, non sono evidentemente accettabili. I processi – anche se così non dovrebbe essere – incrinano i rapporti, mettono in discussione la moralità e la reputazione degli imputati. A poco sono servite negli anni le condanne a cui il nostro Stato è andato incontro per l’evidente violazione del principio della ragionevole durata.
E poi, il fatto che più della metà dei processi iniziati si concludano con una assoluzione, probabilmente è sintomatico di una problematicità evidente ed endemica all’interno del sistema.

Serve più che mai una cura finalizzata a guarire una giustizia che è ormai malata da tempo.

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