Problemi forti e rischio risposte deboli

Problemi forti e rischio risposte deboli

Leadership internazionali cercasi

La storia dei nostri giorni difficili vive di una forbice sempre più evidente tra i problemi ad alto coefficiente di complessità da un lato e la debolezza di quei poteri che dovrebbero risolverli dall’altro.

Iniziamo dalla politica internazionale. I conflitti delicatissimi che sono sorti esponenzialmente in questi anni richiederebbero delle leadership nazionali e mondiali di altissimo livello.

Purtroppo si percepisce chiaramente non solo una carenza di statura politica tra i possibili solutori, ma, al contrario, una mancanza di visione e progettualità politica. Ad esempio, quando nel 1960 J.F. Kennedy pronunciò il famoso discorso sulla “nuova frontiera”, delineò con chiarezza l’orizzonte di largo respiro del suo progetto (condivisibile o meno): distensione e disarmo nucleare, guerra alla povertà ed alla disoccupazione, benessere più largamente distribuito, leggi a favore dell’istruzione, provvedimenti contro la discriminazione razziale.

Oggi gli “statisti” della politica mondiale hanno in mente, se va bene, un intelligente pragmatismo, l’acquisizione di un posto al sole in chiave meramente economicistica, un quadro geo-politico che assume la fisionomia di un azzardato risiko.

UE: serve atto di volontà politica

Veniamo all’Europa. Il quadro non è molto più confortante. Tornano in mente le parole che De Gasperi pronunciò nel lontano 1952: ”Un’unione richiede un preliminare atto di volontà politica per realizzarsi”. Un atto, aggiungiamo noi, attraverso il quale gli stati coinvolti riconoscono che vi sono sfide che non si possono affrontare da soli. Se l’UE continua a ragionare in un’ottica contrattata e frammentata, proteggendo o colpendo questo o l’altro segmento economico e sociale, coltiverà non una sintesi politica da realizzare, ma rimarrà entro la palude dei patteggiamenti corporativi da inseguire di volta in volta.

Al riguardo il rischio di un voto europeo “balcanizzato” non sembra tanto remoto, visto che potrebbe essere indirizzato verso un’astensione crescente, una lettura nazionalistica spinta, estremismi di ogni genere.

Governo dell’Italia: ci vuole un sano strabismo

E chiudiamo con l’Italia. Se sembra corretto, quasi inevitabile, intercettare i malumori dei cittadini e delle categorie, che dinanzi a situazioni acute di crisi chiedono risposte immediate, appare politicamente necessario affinare le priorità di “mandato”. L’azione di governo non può esaurirsi, sia come attenzione che come risorse, nel contesto dell’emergenza. Ci vuole un “sano strabismo”: un occhio alla contingenza, l’altro al futuro, in proporzione non uguale.

A nostro parere, la partita decisiva può e deve giocarsi su alcune priorità progettuali, più che programmatiche. Solo per fare alcuni esempi: famiglia e comunità sussidiarie nella ridefinizione di tutti i servizi di welfare in ottica di sussidiarietà; terzo settore per la produzione e la fruizione di beni comuni e relazionali; industria del futuro legata a digitalizzazione ed automazione a misura d’uomo; fondazione di un ‘economia che favorisca la sostenibilità ambientale e sociale; costituente per una scuola italiana delle libertà e responsabilità educative. Infine, per quanto riguarda la politica estera: atlantismo più ragionato; europeismo rifondato e originario; nuova centralità politica estera mediterranea e africana.

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